30.12.15

NUOVI NOMI AI NUOVI MONDI

Assegnare dei nomi a dei corpi celesti è un'usanza antica quanto l'uomo: aiuta a ricordarli e a distinguerli gli uni dagli altri. Per certi versi aiuta anche a sentirli più vicini a noi ed alla nostra cultura.
Per gli otto pianeti e per i pianeti nani del nostro sistema siamo in grado di inventare dei nomi e ricordarceli senza problemi. Comincia ad essere faticoso conoscere i nomi delle centinaia di lune che popolano il nostro sistema e pressochè impossibile ricordarsi le migliaia e migliaia di corpi minori (asteroidi e comete) a cui abbiamo assegnato un nome, per non parlare di tutti quelli che un nome non ce l'hanno!
Per dare un nome alle principali stelle visibili ad occhio nudo nel cielo notturno l'uomo ha impiegato millenni....ma il lavoro era tutto sommato limitato: si assegnava un nome a ciò che si vedeva, perchè ciò che si vedeva era tutto ciò che si riteneva esistesse. Tutto ciò valse fino a quella notte in cui Galileo osservò per la prima volta la Luna attraverso suo piccolo telescopio, scoprendo che c'è molto di più di quel che appare: molti più dettagli sulla Luna e molte...molte più stelle di quelle che il semplice occhio umano più ammirare. E la fantasia umana ebbe libero sfogo nell'inventare ed assegnare un nome a ciascun nuovo corpo celeste....
E se consideriamo che da poco più di vent'anni si sono cominciati a sommare non dieci, non cento, ma migliaia di nuovi pianeti orbitanti attorno ad altre stelle....
Questo è il contesto che ha fatto nascere un progetto inedito: permettere all'intera umanità di assegnare un nome a questi mondi e alle loro stelle che, a parte rarissime eccezioni, posseggono solo una fredda sigla per nome.  Il progetto si chiama NameExoWorlds ed è stato promosso dall'UAI (Unione Astronomica Internazionale), l'organo internazionale che ha il compito di assegnare i nomi ai corpi celesti.
Una sfida fronteggiata egregiamente, poichè lo scopritore assegnava il suo nome (o un nome suggerito dallo stesso) al nuovo oggetto. Nell'ultimo secolo però, grazie al progresso tecnologico e conoscitivo gli oggetti scoperti divennero, a seconda dei casi, da pochi a miliardi e dunque servirono innanzi tutto delle sigle alfanumeriche, più fredde ma più adatte allo scopo. Solo in un secondo momento l'oggetto identificato univocamente da una sigla poteva essere rinominato. Oggi, nell'era informatica e globale, ogni oggetto celeste conosciuto ha innanzi tutto una sigla alfanumerica che lo rende identificabile univocamente da qualunque osservatore nel mondo ( al di là della nazionalità e della lingua ) e solo una minima parte di questi oggetti ( lune, pianeti, stelle, nebulose, galassie, ammassi di galassie,....) possiede un nome.
Tutti i pianeti e le rispettive stelle scoperti entro il 31 dicembre 2008 rientravano nel concorso.

I voti raccolti sono stati oltre 570.000 da 182 paesi e grazie a questi voti 31 pianeti e 14 stelle madri ora posseggono un nome.
Anche se la fantasia non ha confini, esistono delle regole da seguire codificate dall'UAI  in materia di nomenclatura e quindi, come è capitato al pianeta orbitante attorno alla stella Tau Bootis, può succedere che il nome proposto non sia accettato. Per quei nomi proposti che sono risultati uguali ad altri già assegnati ad altri corpi celesti è stata fatta una piccola variazione in accordo con gli autori, come nel caso del nome assegnato alla stella 14 Andromedae.
I nuovi nomi accettati rimandano invece a figure mitologiche di varie culture, scienziati e personaggi famosi, città antiche e parole di lingue estinte.
In questo storico progetto compare anche l'Italia che ha vinto in un sistema molto importante quello della pulsar PSR 1257+12. Il Planetario Sudtirol Alto Adige ha proposto il nome Lich per la stella e Draugr, Poltergeist e Phobetor per i rispettivi pianeti. Questa vittoria ha un gusto particolare in quanto il sistema di questa pulsar fu il primo, nel 1992, attorno a cui venne scoperto un esopianeta.
"Lich" si traduce come "cadavere" o "non-morto" e calza benissimo alla stella in questione che, pur avendo terminato le sue reazioni termonucleari, emette ancora radiazione come un astro. Lo stesso vale per i suoi pianeti.

In questa pagina troverete tutti i nomi, coloro che li hanno proposti e le motivazioni.

Oggi possono sembrare astri e mondi lontani e inaccessibili, come apparivano lo Spazio e la Luna ai nostri nonni e bisnonni....un domani potrebbero essere anch'essi meta di viaggi umani.


28.12.15

HD 106906b : UN PIANETA QUASI SOLITARIO....

Un team di astronomi ha recentemente osservato in dettaglio i dintorni della stella HD 106906, distante 300 anni luce da noi in direzione della costellazione della Croce del Sud, in seguito ad alcune importanti evidenze emerse dai dati raccolti dall'Hubble Space Telescope e dal Gemini Planet Imager.
L'astro è simile al nostro Sole ma possiede un'età di appena 13 milioni di anni, nulla in confronto ai 4,5 miliardi di anni della nostra stella.
Attorno ad essa orbita il pianeta HD 106906b, un giovane pianeta gigante che possiede una peculiarità molto intrigante: orbita a ben 650 UA dalla sua stella ( 97 miliardi di km! ). Secondo le teorie odierne è estremamente improbabile che un pianeta di tale massa si formi a quella distanza dall'astro e quindi il team ha voluto vederci più chiaro.
Il giovane pianeta ha una massa pari a 11 volte quella del nostro Giove e, come anticipato, orbita ad una distanza pari a 16 volte quella che separa il Sole da Plutone, là dove nel Sistema Solare troviamo solamente TNO: oggetti composti da roccia e ghiaccio con diametri variabili da pochi metri a centinaia di km.
La grande massa, la giovane età e la posizione anomala rispetto alla stella indicherebbero un allontanamento forzato, forse ad opera di una perturbazione gravitazionale, verso le regioni periferiche del sistema. Questa situazione è estremamente importante da studiare perchè potrebbe essere un replay di ciò che successe agli albori del Sistema Solare, quando i planetesimi erano molti di più degli otto che diedero origine ai pianeti che conosciamo oggi. Il sovraffollamento venne risolto durante la fase di riordino delle orbite, quando i planetesimi più grandi circolarizzarono (stabilizzando) le loro orbite espellendo, attraverso giochi di interazione gravitazionale, i corpi minori nello spazio interstellare o spostandoli in altre aree del sistema. Questo è quello che pare stia succedendo a HD 106906b.
Il pianeta possiede una temperatura di 1500°C ( prodotta dal calore residuo della sua formazione), che lo porta ad avere una luminosità pari allo 0,02% di quella solare; tale condizione permette sia la sua ripresa fotografica, sia l'analisi dello spettro della luce emessa direttamente dal pianeta.
Lo studio dell'ambiente che circonda questa stella ha messo in luce un'altra evidenza che concorderebbe con questa teoria: la stella possiede una cintura di comete asimmetrica ed inclinata, frutto di una perturbazione gravitazionale operata dall'interazione tra i pianeti o da fattori esterni come il transito ravvicinato di una stella.
L'analisi dettagliata dell'immagine dell'esopianeta ha mostrato la possibile presenza di un anello di detriti attorno ad HD 106906b, detriti probabilmente strappati alla cintura di comete durante il transito del pianeta allontanato al suo interno.
Ulteriori analisi svolte nel maggio di quest'anno hanno portato alla conferma della presenza di un disco di polveri attorno alla stella, simile alla nostra Fascia di Kuiper, il cui limite interno si trova a 50 UA dalla stella. Prima di essa, tra l'astro ed il limite interno del disco, c'è un'area apparentemente vuota ( non occupata da polveri o detriti) ed estesa circa come l'area occupata da tutti i pianeti del Sistema Solare.
Numerose immagini mostrano un disco più rarefatto ed esteso dal lato del pianeta e più denso e compatto dal lato opposto. L'orbita del pianeta pare inclinata di 21° rispetto al piano orbitale dei pianeti interni, altro indice di un disturbo gravitazionale.


Sono già state pianificate nuove osservazioni che potrebbero caratterizzare HD 106906b come uno dei primi esopianeti con un esteso sistema di anelli.

15.11.15

VENTI EXTRASOLARI

Ormai la risoluzione degli strumenti dedicati alla ricerca ed allo studio dei pianeti extrasolari ha raggiunto altissimi livelli, così come le tecniche ingegnose che gli astronomi utilizzano per ottenere quante più informazioni possibili da questi strani e nuovi mondi.
Per la prima volta un team di astronomi è riuscito a calcolare con precisione la velocità del vento su un pianeta orbitante attorno ad un'altra stella, sia nell'emisfero notturno sia in quello diurno.
La stella in questione è HD 189733 ed è distante circa 63 anni luce dal Sole, in direzione della costellazione della Volpetta. Il pianeta, noto come HD 189733b, appartiene alla categoria degli Hot Jupiters ( pianeti della taglia del nostro Giove ma roventi, in quanto orbitano estremamente vicino alla loro stella): 1250°C di temperatura, 10% più grande di Giove ed un anno che dura appena 2.2 giorni terrestri. Si trova inoltre talmente vicino alla sua stella (0,03 UA - 4.5 milioni di km) da rivolgerle perennemente lo stesso emisfero a causa della potentissima interazione gravitazionale tra i due corpi celesti.
In passato erano già state effettuate misure della velocità del vento su alcuni pianeti extrasolari, ma si tratta di misure statistiche e riguardanti un solo emisfero; mancava dunque una misura precisa e globale dei venti.
In questo studio la velocità del vento è stata misurata indipendentemente su entrambi gli emisferi del pianeta e ciò ha permesso di comprendere la sua reale direzione: da ovest verso est.
La velocità dei venti su HD 189733b ha dell'incredibile, risultando oltre 20 volte maggiore del vento più forte mai misurato sulla Terra: 8690 km/h (2,2 Km/s) dall'emisfero diurno a quello notturno.
Ma come si è arrivati a questa incredibile scoperta?
Partendo dal presupposto che il disco di una stella è più brillante al centro rispetto alle zone periferiche (esattamente come si nota osservando il disco solare...), il sensibilissimo spettrometro HARPS ha osservato il pianeta durante differenti momenti del transito di fronte alla sua stella.
Conseguentemente HARPS ha rilevato una quantità di luce filtrata dall'atmosfera del pianeta differente nei vari momenti del transito: l'atmosfera del pianeta bloccherà più luce stellare in corrispondenza delle zone periferiche del disco stellare, rispetto a quella filtrante durante il transito al centro del disco stellare. Per osservare al meglio il fenomeno è stata osservata la variazione della luce prodotta dal sodio, elemento presente in quantità nell'atmosfera del pianeta e particolarmente adatto allo scopo.
A queste osservazioni si sono sommate quelle che hanno misurato lo spostamento dell'atmosfera del pianeta, verso di noi o nel senso opposto, durante il transito. Tale spostamento, spettroscopicamente assimilabile a quello che fa variare l'intensità del suono di una sirena rispetto ad un ascoltatore fermo e noto come effetto Doppler, ha permesso di calcolare con precisione la velocità dei venti all'interno dell'atmosfera. Il legame tra la luce che filtra attraverso l'atmosfera ed il movimento dell'atmosfera stessa secondo l'effetto Doppler è molto stretto: tale luce sarà un po' più blu (frequenza maggiore) se l'atmosfera ruota verso di noi ed un po' più rossa (frequenza minore) se l'atmosfera ruota in senso opposto a noi, cioè verso la stella.
In definitiva, si è utilizzata la differenza di frequenza della luce nei due casi precedenti per comprendere la velocità dei venti di HD 189733b.
Il team si augura di poter utilizzare questo metodo su molti altri esopianeti giganti (per fare pratica ed affinarlo), per poi utilizzarlo anche per esopianeti terrestri.

Il pianeta in questione è famoso anche per numerosi altri motivi: sappiamo con certezza il suo colore reale (2013), è stato il secondo mondo extrasolare su cui è stata rilevata acqua  (2007), il primo su cui
è stato rilevato il metano (2008), seguito da CO2 e CO (2008). E' anche il primo pianeta extrasolare di cui si è ottenuta una mappa termica superficiale, il primo osservato nei raggi X, il secondo di cui è stato calcolato il tasso di evaporazione atmosferica.


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13.11.15

UN PIANETA DESERTICO DIETRO L'ANGOLO.

Sono ormai centinaia i pianeti di taglia terrestre noti che orbitano attorno ad altre stelle. Ne conosciamo talmente tanti che è possibile suddividerli in sottocategorie che tengono conto della dimensione e della temperatura.
Ci sono i pianeti sub-terrestri, i pianeti terrestri e le superterre, ed in ciascuna di queste categorie individuiamo i pianeti freddi, miti e caldi, a seconda della loro distanza dalla stella.
Il pianeta di cui parleremo in questo articolo appartiene alla categoria delle superterre calde: si tratta quindi di un pianeta roccioso di dimensione e massa superiore a quella della nostra Terra particolarmente vicino alla sua stella.
GJ 1132b, questo il suo nome, orbita attorno alla stella Gliese 1132, una nana rossa con una massa pari al 21% di quella solare e distante appena 39 anni luce da noi.
Il diametro del pianeta è il 20% maggiore di quello terrestre (circa 14800 km) e la sua massa è pari a 1.6 volte quella del nostro pianeta. Questi due dati ci permettono di concludere che si tratti di un mondo roccioso.
L'anno di GJ 1132b dura 1,6 giorni terrestri e questo perchè orbita ad appena 2,3 milioni di km dal suo astro (l'1.5% della distanza media Terra-Sole!). A causa di questa condizione il pianeta riceve dalla sua stella 19 volte la radiazione che riceve la Terra dal Sole, portando questo mondo ad una temperatura superficiale media di 227°C. Climaticamente, più che ad una Terra arida somiglia ad un cugino di Venere...
A questa temperatura dell'acqua liquida non può esistere in superficie, ma il pianeta è abbastanza freddo e massiccio da mantenere quasi certamente un'atmosfera.
A causa della vicinanza alla stella, il pianeta sarebbe bloccato marealmente, ovvero, al pari del sistema Terra-Luna, il pianeta mostrerebbe sempre lo stesso emisfero alla stella. Questa condizione porterebbe ad un emisfero notturno più freddo rispetto a quello diurno e conseguenti intense interazioni climatiche (venti e fenomeni meteorologici) tra i due emisferi, con un'atmosfera che tende a mitigare gli estremi termici.
L'importanza della scoperta sta nella vicinanza dell'esopianeta alla Terra, soli 39 anni luce, che già permette ( e permetterà ancora meglio nel prossimo futuro) di analizzare in maniera estremamente approfondita questo mondo: la sua atmosfera (fisica e composizione), i suoi venti, la composizione del pianeta e della sua superficie. Insomma, un importantissimo target su cui fare pratica.



La stella è osservabile attraverso strumenti amatoriali alle coordinate (10h14m51.1s / -47°09'12"). Brilla di magnitudine visuale 14.0.


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11.11.15

UNA ROVENTE SOLITUDINE

Oggi si conoscono centinaia di pianeti solitari ( noti anche come "orfani" o "interstellari"). Si tratta di una particolare categoria di pianeti che vaga liberamente nello spazio cosmico senza alcun legame orbitale che li vincoli ad una stella. Si tratta di pianeti, quindi, su cui non sorge mai uno o più soli, non ci sono albe e tramonti, bensì una perenne notte cosmica.
Uno di questi, attualmente a soli 75 anni luce dalla Terra, è stato studiato in dettaglio nella banda infrarossa, che mette in particolare risalto questa tipologia di corpi celesti.
Lo studio di questi pianeti, della loro atmosfera e della loro superficie è da una parte più agevole grazie all'assenza dell'abbagliante luce stellare che copre la luce emessa dal pianeta, dall'altra più complicata in quanto si tratta di corpi difficili da scovare poichè non perturbano gravitazionalmente la loro stella e/o non la eclissano. Dunque vengono riconosciuti grazie all'emissione di radiazione infrarossa.
Il pianeta è attualmente noto come PSO J318.5-22 ed è un mondo di dimensioni analoghe a quelle del nostro Giove, ma 8 volte più massiccio. Il suo periodo di rotazione (il secondo ad essere studiato in dettaglio dopo quello di Beta Pictoris b),  è compreso tra le 5 e le 20 ore. Si tratta inoltre di un pianeta estremamente giovane, appena 20 milioni di anni, il che fa ipotizzare la sua espulsione da parte di un sistema planetario in formazione entro alcuni anni luce; tale sistema potrebbe trovarsi nella fase iniziale di riordino delle orbite e quindi i corpi di massa minore o quelli posti su orbite instabili vengono espulsi dai corpi più massicci presenti nel sistema.
Accennavamo all'oscurità che pervade l'intera superficie del pianeta. Questa situazione è perfetta, per noi osservatori, in quanto ci permette di cogliere le variazioni nell'emissione di radiazione da parte della superficie e dell'atmosfera, che altrimenti si sarebbero perse con l'interferenza stellare.
Ebbene, ciò che risulta dallo studio è che questo pianeta gigante possiede numerosi strati di nubi sottili e spesse le cui mutazioni sono alla base delle differenze di luminosità riscontrate dalla luce infrarossa emessa dal pianeta. Per tutta finestra temporale all'interno della quale il team ha raccolto i dati ed ha compiuto le osservazioni, la radiazione raccolta ha mostrato tra l'altro un mondo particolarmente rosso, sintomo di una copertura nuvolosa globale e consistente.
Nonostante si tratti di un mondo perso nel freddo cosmico, senza il calore di una stella, la sua temperatura superficiale è di oltre 800°C, il che fa pensare ad un pianeta che ancora mantiene il calore derivante dalla sua formazione e che non è ancora riuscito a dissiparlo.
Ma tali condizioni estreme hanno fatto ipotizzare che tali nubi siano composte da materiale fuso, compatibile con silicati caldi e gocce di ferro.
Tale studio sull'atmosfera utilizza tecniche che il team vorrebbe applicare a qualunque pianeta ed in particolare a quelli ritenuti promettenti per la ricerca della vita, dimostrando come le nubi siano un carattere onnipresente su quasi tutte le tipologie di pianeti note.
Il pianeta si trova nella costellazione australe del Pittore ( 21h14m08s, -22°51'37").

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26.10.15

LO STRANO CASO DELLA STELLA KIC 8462852

Nelle ultime settimane si è sentito parlare molto di questa stella e soprattutto di un ipotetico segreto
nascosto nella variazione della sua luminosità....facciamo un po' di chiarezza e scindiamo ciò che sappiamo da ciò che ipotizziamo.
Osservata dal telescopio spaziale Kepler, dedicato alla ricerca ed allo studio dei pianeti extrasolari transitanti, la stella in questione rappresenta un vero e proprio nuovo enigma per gli astronomi, tanto che è stata avanzata anche un'ipotesi appartenente solitamente al dominio della fantascienza.
Ma andiamo con ordine e conosciamo da vicino questa curiosa stella.

KIC 8462852 dista 1480 anni luce dal Sole e dalla Terra appare come una stellina di magnitudine visuale 11,7 posta in direzione della costellazione del Cigno.  Nonostante possieda una massa ed una dimensione pari a circa una volta e mezza quella solare, la sua luminosità risulta pari al 67% di quella del nostro astro.
Rientra nella classe spettrale F V, ovvero si tratta di una stella leggermente più calda e massiccia del nostro Sole ( di classe G2 V).
Fin qui, nulla di diverso da milioni di altre stelle note e meno note. Eppure osservandola in maniera approfondita per un lungo periodo di tempo, il team che gestisce Kepler ha notato una grande ed inedita anomalia nascosta tra i dati raccolti sul flusso luminoso della stella. Kepler ha misurato dei piccoli cali di luminosità molto frequenti  e non periodici uniti a due grossi cali (avvenuti in data 5.3.2011 e 28.2.2013) che hanno prodotto un oscuramento prima del  15% e poi del 22% del flusso luminoso, imputabili ad un oggetto estremamente grande o ad un gran numero di oggetti di massa minore ("in formazione") in orbita attorno alla stella e transitanti di fronte all'astro rispetto alla nostra linea di vista.  Il fatto è che non si conosce nulla di così grande in orbita attorno ad una stella che possa produrre un effetto del genere.
I due grossi cali di luminosità sembrano intervallati da circa 750 giorni e l'ultimo evento era atteso per l'aprile 2015, ma Kepler subì un'avaria di due giroscopi che impedirono di seguire l'evento. Il prossimo evento è atteso per il maggio 2017.
E' stato stimato che per ottenere un calo di questa entità ci vorrebbe un "ostacolo" che oscurasse almeno il 50% della stella.

Ipotesi stellare -  considerando il tipo di stella è da escludere una variabilità intrinseca della stella. Le stelle appartenenti a questa tipologia e classe spettrale non mostrano episodi di variabilità, tanto meno così irregolari e importanti.


Ipotesi planetaria/cometaria/asteroidale - non potendosi trattare di una stella variabile, le ipotesi si sono concentrate immediatamente su eventuali oggetti in orbita attorno alla stella (pianeti, asteroidi o comete) che, rivoluzionando, transitano periodicamente di fronte alla stella rispetto alla nostra linea di vista. Ma anche questa ragionevole ipotesi ha mostrato numerose falle. Innanzi tutto per generare una tale irregolarità, tali corpi celesti dovrebbero possedere orbite estremamente caotiche, a livelli mai visti fino ad oggi. In secondo luogo l'aspetto legato al calo di luce: per poter produrre un calo di luminosità del genere bisognerebbe avere un corpo celeste centinaia di volte più grande di Giove ( impossibile per le teorie attuali sulla formazione planetaria e se pensiamo che l'imponente Giove scherma solo l'1% della luce solare! ). L'ipotesi dello sciame di comete è viziata su due fronti differenti. Primariamente, per produrre un tale calo di luminosità bisognerebbe avere in orbita una densità impressionante e mai vista prima di materiale asteroidale o cometario e con ogni probabilità non si riprodurrebbe lo stesso effetto. Secondariamente subentra l'analisi spettroscopica del sistema. Sono del tutto assenti le emissioni tipiche di un sistema planetario con molti pianeti o molto materiale detritico, ovvero un eccesso di emissioni infrarosse da parte della stella e dell'ambiente a lei prossimo.
A supporto di questa teoria, anche se senza prove definitive, ci sono altre due possibili spiegazioni: la stella può aver appena catturato un campo di asteroidi (ma si ripropone il suddetto problema della massa) oppure la nube di Oort di KIC 8462852 può aver subito l'influenza gravitazionale di una nanna rossa distante solamente 885 UA, rimescolandola caoticamente ( si ripropone però il suddetto problema).


Ipotesi aliena - l'astronomo J. Wright ( facente parte del team che ha studiato a fondo la stella) si è spinto ad ipotizzare che a produrre quel drastico calo di luminosità sia in realtà una megastruttura artificiale, e dunque ovviamente aliena. " Sembrerebbe quel genere di cose che ti aspetteresti che una civiltà aliena costruisca."
Si tratterebbe infatti della (per ora..) fantascientifica Sfera di Dyson, una sorta di gabbia stellare con cui una civiltà aliena tecnologicamente molto  avanzata catturerebbe parte della radiazione stellare per far fronte al proprio fabbisogno energetico.
L'ipotesi ha spiazzato, ma non sorpreso, la comunità astronomica ed è stata ovviamente enfatizzata dai media ( con gli eccessi del caso).  Sta di fatto che il 19 ottobre scorso il SETI ha rivolto le antenne dei suoi radiotelescopi verso la stella, cercando di carpire un qualunque messaggio/trasmissione proveniente da quella stella.
Ad oggi, nessuna delle suddette ipotesi è ufficialmente accettata dalla comunità scientifica.
La stella è stata soprannominata informalmente "WTF Star" ( Where's The Flux?) e chiunque, sotto un buon cielo scuro può osservarla con un binocolo o con un piccolo telescopio. Tra l'altro, la rilevazione della variazione della sua luminosità dovrebbe essere nelle possibilità di strumenti amatoriali di media taglia (con tutte le accortezze del caso).

7.10.15

QUALI SONO I PIANETI EXTRASOLARI PIU' PROMETTENTI?

Ormai tra le migliaia di pianeti extrasolari scoperti fino ad oggi, sono decine quelli che rientrano a pieno titolo nell'attuale definizione di 'fascia di abitabilità'.
Raggiunto quindi questo grado di raffinatezza nelle osservazioni, la definizione di abitabilità necessita obbligatoriamente un approfondimento.
Gli ultimi ad occuparsene sono stati alcuni astronomi statunitensi che hanno valutato il problema anche alla luce della quantità di pianeti promettenti scoperti e futuri e del sempre più prezioso tempo-telescopio per poterli studiare.
Come accennavo, la definizione corrente di abitabilità è oggetto di continue revisioni a fronte di nuove scoperte e nuovi interrogativi, anche se semplicisticamente prevede che un pianeta roccioso si trovi alla giusta distanza dal proprio astro (o astri) tale per cui sulla sua superficie possa scorrere acqua liquida. Fin qui, vista l'esperienza terrestre, potremmo tutti essere d'accordo.
L'osservazione della moltitudine di pianeti promettenti (che aumenterà esponenzialmente con i nuovi supertelescopi terrestri e spaziali in fase di ultimazione) dovrà essere gestita al meglio, individuando i pianeti più promettenti tra quelli promettenti. Come fare? Il team ha ideato un nuovo indice per individuare i pianeti veramente interessanti ed assegnare loro una certa priorità.
L'indice assegnato a ciascun pianeta avrà un valore derivato non più solamente dalla distanza del pianeta dalla sua stella, ma considerando tutto ciò che sappiamo su quel pianeta: tutti i dati osservativi rilevati in un dato sistema.

La difficoltà sorge però nel riconoscere queste caratteristiche ( rocciosità, determinazione dei parametri orbitali e stabilità dell'orbita), unite allo studio dell'atmosfera planetaria e della composizione chimica superficiale, su mondi distanti come minimo 4,36 anni luce o al più svariate migliaia. Per alcuni tra le decine di questi promettenti pianeti confermati, è stato possibile ricavare alcuni di questi preziosi dati aggiuntivi.

I dati basilari su cui viene calcolato tale indice sono i seguenti 3:
- la stima di rocciosità del pianeta;
- l'albedo;
- l'eccentricità dell'orbita.

Il vantaggio è che ognuno dei tre dati funge da parametro di controllo per gli altri due. Ad esempio, se un pianeta è attualmente considerato troppo caldo per ospitare la vita a causa magari della vicinanza alla sua stella (e dunque rischiasse di essere scartato in una futura campagna osservativa), potrebbe possedere un alto albedo che avrebbe un effetto mitigante sul suo clima globale e quindi riguadagnare il suo posto nella lista.
Il team ha infine applicato il nuovo indice a tutte le migliaia di pianeti scoperti fino ad oggi da Kepler e ha concluso che i più promettenti (assumendo che posseggano un'orbita circolare) sono quelli che ricevono tra il 60 ed il 90% della radiazione solare che incide sulla Terra, trovando anche numerose conferme nelle teorie più moderne ed avanzate sulla zona di abitabilità attorno ad una stella.
In conclusione, si tratta di un piccolo ma significativo passo avanti nella determinazione di un indice oggettivo ed obiettivo per la determinazione della reale abitabilità di un pianeta extrasolare.

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11.8.15

SCOPERTO UN NUOVO PIANETA CON DUE SOLI

Un sistema affascinante quello di Kepler-453b: un pianeta massiccio attorno ad una coppia di soli.
Si tratta del decimo sistema circumbinario confermato.
Proprio questa caratteristica ha fatto si che la sua scoperta sia stata un vero e proprio colpo di fortuna. L'influenza gravitazionale di due stelle ha delle ripercussioni sulla strana orbita di questo mondo, tanto che se si fosse osservato appena prima o subito dopo, gli astronomi non avrebbero visto alcun pianeta attorno a quel sistema binario; il motivo risiede nella strana orbita del pianeta che lo porta a transitare di fronte alla coppia di stelle solamente nell'8% dei casi a causa del periodo di precessione di 103 anni. Se gli astronomi avessero mancato questa ridotta finestra temporale, la prossima sarebbe stata nel 2066!

Osservato per la prima volta col metodo del transito, durante il passaggio sul disco delle sue stelle il mondo in questione blocca il 5% della luce emessa dagli astri ed il suo raggio è stato stimato in 6,2 volte quello della Terra... il 60% più grande di Nettuno.
Tali dimensioni fanno ipotizzare che si tratti con ogni probabilità di un mondo gassoso, ma le sorprese non finiscono qui.
Il pianeta risiede all'interno della zona abitabile del sistema e, anche se non possiede una superficie solida per ospitare la vita come sulla Terra, potrebbe possedere un sistema di lune che invece potrebbero presentare le condizioni adatte.
Se potessimo teletrasportarci su una sua ipotetica luna osserveremmo un cielo con due soli, una situazione del tutto simile a quella osservata nell'universo fantascientifico di Star Wars da Luke Skywalker su Tatooine.
Considerando che la maggioranza delle stelle sono legate in sistemi doppi o multipli e la quantità di pianeti che si stima ci siano anche solo nella nostra galassia, il numero di questi pianeti 'circumbinari' potrebbe essere elevatissimo...

L'anno di Kepler-453b dura circa 240,5 giorni terrestri e a loro volta la coppia di soli orbita attorno al comune centro di massa in 27,3 giorni, il primo di dimensioni pari al 94% del nostro Sole ed il secondo grande solo il 20%.
Non è stato possibile calcolare la massa del pianeta ma si ipotizza, viste le dimensioni, che la massa non superi le 16 masse terrestri.
Il sistema, vecchio di 1-2 miliardi di anni, dista 1400 anni luce in direzione della costellazione della Lira.




Animazione della curva di luce
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10.8.15

UN PIANETA COME URANO A 8.800 ANNI LUCE DA NOI

C'è un metodo che ci permette di scoprire pianeti estremamente distanti dal nostro Sole, là dove
neanche il metodo del transito o delle velocità radiali possono arrivare: si tratta del microlensing gravitazionale.
Un evento di microlensing si verifica quando una stella in primo piano si allinea prospetticamente (dunque apparentemente) con una stella posta a grande distanza sullo sfondo del cielo. Per una serie di concause gravitazionali la stella in primo piano si comporta come una lente che amplifica il segnale luminoso in arrivo dalla stella lontana, permettendoci di studiare la stella in primo piano in dettaglio. Se poi la stella vicina possiede alcuni pianeti in orbita, anch'essi contribuiranno in minima parte ad amplificare il segnale della stella distante, rendendosi evidenti durante l'evento.
Un evento di microlensing può durare in media alcune settimane o pochi mesi al massimo, ma il contributo dei pianeti varia da poche ore a pochissimi giorni....quindi bisogna essere pronti ad osservarlo nel momento in cui l'evento si verifica. La difficoltà di osservare questi eventi è la loro imprevedibilità: ad oggi la cartografia stellare della Via Lattea è ancora alquanto imprecisa ed è ancora difficile determinare la posizione esatta ( oltre che il moto proprio) di stelle poste a distanze medie e grandi dal Sole, e di conseguenza prevedere il verificarsi di questi apparenti allineamenti.
Oggi però esistono software che scandagliano instancabili tutto il cielo e comunicano prontamente ai grandi telescopi terrestri e spaziali il verificarsi di tale evento.
In questo caso sono stati addirittura due i telescopi che hanno scoperto indipendentemente il nuovo pianeta attorno alla lontanissima stella: il WM Keck Observatory delle Hawaii ed il Telescopio Spaziale Hubble.
Il sistema, catalogato come OGLE-2005-BLG-169, è stato scoperto nel 2005 da una collaborazione tra il progetto OGLE (Optical Gravitational Lensing Experiment ), MicroFUN (Microlensing Follow-up Network) e MOA ( Microlensig Observations in Astrophysics): tutti progetti che cercano pianeti extrasolari utilizzando il metodo del microlensing gravitazionale. La stella si trova nella costellazione del Sagittario e presenta magnitudine visuale 20,4.
Il risultato dell'osservazione congiunta del Keck e dell'HST ha permesso di scoprire che attorno alla stella in primo piano ( con massa pari al 70% del nostro sole) orbita un pianeta delle dimensioni di Urano, posto su un'orbita larga rispetto all'astro. Il pianeta, catalogato come OGLE-2005-BLG-169b, rivoluziona attorno alla sua stella in 3300 giorni ad una distanza di 2.7 unità astronomiche e presenta una massa pari a 13 volte quella terrestre.
Nonostante HST abbia osservato il sistema 6,5 anni dopo l'evento e la camera NIRC2 del Keck abbia confermato il tutto 8 anni dopo l'evento, le stelle erano ancora talmente vicine da poter essere studiate come allineate (presentando un'unica immagine stellare allungata) e lo studio dell'immagine allungata e della relativa curva di luce ha permesso di ottenere la massa delle due stelle, una stima di quella del pianeta, la separazione orbitale del pianeta dalla stella vicina e la distanza del sistema planetario dal Sole.
Per stelle lontanissime (migliaia-decine di migliaia di anni luce) ed al limite della visibilità dalla Terra il metodo del microlensing rimane attualmente l'unico proficuo per scovare nuovi pianeti e per ottenere importanti informazioni su di essi.

31.7.15

IL PIANETA ROCCIOSO CONFERMATO PIU' VICINO AL SISTEMA SOLARE

A pochissimi giorni dall'annuncio di Kepler 452b, questa volta ad ottenere l'importantissimo risultato planetario è stato il telescopio spaziale Spitzer.

La stella attorno a cui orbita il pianeta studiato da Spitzer è visibile ad occhio nudo (mag. vis. = 5,5) in direzione della costellazione di Cassiopea: catalogata come HD 219134, dista solo 21 anni luce dalla Terra. Si tratta di una stella di 12,4 miliardi di anni, nana di classe K, molto simile al Sole anche se leggermente più piccola e fredda.


Il pianeta, conseguentemente noto come HD 219134b, è anche l'esopianeta più vicino al nostro scoperto con il prolifico metodo del transito. A rendere ancora più importante la scoperta è l'incredibile quantità di dati che si possono già ottenere osservandone approfonditamente il transito e soprattutto quelli che arriveranno con l'imminente ed ultra-tecnologica classe di telescopi spaziali e terrestri.
Il pianeta orbita troppo vicino alla sua stella per poter ospitare la vita come la conosciamo noi, ma la notizia cardine di questo nuovo studio è la conferma della sua natura rocciosa, derivata dal calcolo della sua densità risultata essere pari a circa 6 g/cm3.
Il pianeta, infatti, era stato precedentemente scoperto dal sensibilissimo analizzatore di spettri stellari HARPS-N (montato sul Telescopio Nazionale Galileo) grazie al metodo delle velocità radiali.
Possiede una massa pari a 1,6 volte quella terrestre ed un anno che dura appena 3,1 dei nostri giorni.
Ulteriori osservazioni di HARPS-N hanno rivelato la presenza di altri 3 pianeti all'interno dello stesso sistema, tutti più distanti di HD 219134b dall'astro centrale. Uno possiede 2,7 masse terrestri ed un anno pari a 6,8 giorni, il secondo 9 masse terrestri ed un anno di 46,8 giorni ed infine il terzo è un pianeta gigante (68 masse terrestri, pari a 2/3 di Saturno) con un periodo orbitale pari a 1190 giorni (3 anni).

Dunque il sistema presenta 3 superterre interne poste su orbite presumibilmente circolari, complanari e molto vicine tra loro ed un pianeta gigante gassoso posto su un'orbita eccentrica (e=0,27 +/- 0,11).
Osservazioni più approfondite per tutto il sistema sono già state fissate nel prossimo futuro; non ci resta che attendere i dati e vedere fin dove si possono spingere gli strumenti attuali nell'ambito della caratterizzazione di questi piccoli ma preziosissimi mondi rocciosi.

24.7.15

KEPLER 452b: TUTTO IN REGOLA PER ESSERE UNA NUOVA TERRA?

Ieri, 23 luglio 2015 alle ore 18 italiane, è arrivato il tanto atteso annuncio del team scientifico di Kepler.
La principale notizia di ieri sera non ha deluso le aspettative segnando una nuova pietra miliare nella storia della ricerca dei pianeti extrasolari e rimanendo in linea con gli ultimi strabilianti annunci. Certo, non è stata scoperta la vita su una copia esatta della Terra, ma basta seguire questo blog per rendersi conto dei grandi passi avanti che mese dopo mese si compiono in questo tanto promettente quanto giovane settore.
Il cuore dell'annuncio di ieri è la scoperta di altri 12 pianeti di tipo terrestre posti nella zona abitabile della loro stella e di 521 nuovi candidati che necessiteranno di più studi per essere confermati come pianeti realmente esistenti e non errori di misurazione. Aggiornando il conteggio, ad oggi conosciamo 1879 pianeti confermati e 4696 candidati.... pura fantascienza fino a 20 anni fa!

Il più promettente tra questi 12 nuovi mondi è Kepler 452b, il più piccolo pianeta scoperto orbitante all'interno della fascia abitabile di una stella del tutto identica al nostro Sole.
Vale la pena interrompere per un attimo la cronaca per chiarire cos'è la zona abitabile di un sistema stellare.
In termini del tutto generali la zona abitabile è determinata da quella particolare fascia orbitale, posta ad una distanza tale dalla stella da permettere la presenza di acqua liquida sulla superficie di un ipotetico pianeta roccioso (o luna rocciosa) che orbiti entro i suoi confini. I limiti di questa definizione però sono tanti e dipendono principalmente dalla natura della stella e dalla struttura del pianeta. Infatti non tutte le stelle sono tranquille come la nostra e non tutti i pianeti rocciosi sono simili alla Terra. Quindi il concetto di abitabilità è strettamente vincolato all'esperienza terrestre e del nostro sistema planetario, per la vita come la conosciamo noi. In ogni caso da qualche parte bisogna partire ed è sempre meglio farlo da ciò che si sa e che è verificabile.
Torniamo a Kepler 452b. Possiede 1,6 volte il diametro terrestre (catalogabile quindi come SuperTerra), sebbene non si conoscano ancora la sua massa e la composizione chimica. Il team, considerando le dimensioni ridotte e la distanza dall'astro, afferma però che con ogni probabilità è un pianeta roccioso.
Il suo anno dura 385 giorni terrestri ( il 5% in più dell'anno terrestre), una vera rarità se pensiamo alla brevità dei tempi di rivoluzione medi della maggior parte dei pianeti scoperti fino ad ora. Questa maggior durata dell'anno è una diretta conseguenza di un'analoga maggior distanza ( 5% maggiore) del pianeta dalla sua stella se paragonato alla distanza che separa la Terra dal Sole.
L'astro che illumina questo pianeta, la stella Kepler 452, di classe G e distante 1400 anni luce in direzione della costellazione del Cigno, è una stella di circa 6 miliardi di anni ( 1 miliardo di anni più vecchia del Sole), 20% più luminosa e dal diametro il 10% maggiore di quello solare.
Vista l'età della stella è assai probabile che anche il pianeta possegga all'incirca la stessa età, permettendoci di immaginarlo come un cugino leggermente più vecchio della Terra.
Unendo le suddette condizioni favorevoli ad un ambiente terrestre ed il lunghissimo periodo speso nella zona abitabile di questa tranquilla stella, la superficie di Kepler 452b potrebbe aver ospitato od ospitare la vita. Ed è qui la grande scommessa: trovare il modo di rispondere a questa domanda.

Dei 12 nuovi promettenti pianeti, tutti con dimensioni comprese tra 1 e 2 volte la Terra, 9 orbitano attorno a stelle simili al Sole.
La scoperta di Kepler 452b festeggia anche il 20esimo anniversario della scoperta del primo esopianeta attorno ad una stella solare, 51 Pegasi b.

Ma vediamo quali sono le conoscenze che mancano per poter stabilire l'effettiva somiglianza di Kepler 452b alla Terra.
Innanzi tutto la massa del pianeta: per ottenerla bisogna osservare la perturbazione gravitazionale del pianeta sul moto della sua stella (attualmente ipotizzata nell'ordine della decina di cm al secondo, oltre il limite strumentale attuale di 1 m/s).
Segue la densità del pianeta: per calcolarla è necessario utilizzare il rapporto tra la massa (da conoscere) e la dimensione (nota). Massa e densità ci dicono moltissimo sulla natura e sulla struttura di un pianeta.

Se deviassimo ora la sonda New Horizons verso quella stella, arriverebbe tra 28,5 milioni di anni.
Possiamo osservare la stessa stella che illumina quel pianeta anche dalla Terra con l'ausilio di un piccolo telescopio: appare di magnitudine 13,4, nella costellazione del Cigno, alle coordinate RA 19h 44m 00.89s  DEC +44°16' 39.2".




25.6.15

GJ 436b : UN PIANETA CON LA CODA

Osservare il cielo in differenti 'luci', ovvero utilizzando differenti bande dello spettro elettromagnetico, ci permette di vedere ciò che i nostri occhi non sono in grado di mostrarci. Infatti l'occhio umano percepisce solo una piccolissima parte dello spettro elettromagnetico, la luce visibile, tralasciando oltre il 90% delle rimanenti frequenze che spaziano dai raggi gamma alle onde radio. In astronomia, per colmare questa limitazione biologica, sono stati costruiti appositi telescopi che indagano l'universo in quelle particolari frequenze ( radiotelescopi, telescopi ultravioletti ed infrarossi, telescopi gamma e microonde).
Applicando questo principio nella ricerca di pianeti extrasolari si possono osservare proprietà particolari di questi mondi che il semplice transito di fronte alla stella o l'interferenza gravitazionale non mostrerebbero. Una di queste proprietà è la caratterizzazione delle atmosfere planetarie: struttura, emissioni e temperatura.
Rivolgendo l'attenzione di Hubble sulla stella GJ 436, una nana rossa distante 33,5 anni luce da noi, è stata evidenziata una discrepanza tra l'osservazione nel visibile e quella nell'ultravioletto.
Si conosceva già la presenza in questo sistema di un pianeta di taglia nettuniana, denominato GJ 436b, su cui era stata osservata addirittura la presenza di nuvole composte in massima parte da elio. La recente osservazione multibanda ha però aggiunto un nuovo tassello al puzzle: il pianeta si sta comportando come una cometa.
Ciò significa che la sua spessa atmosfera sta evaporando, in questo caso al ritmo di 1000 tonnellate al secondo, lasciando dietro di se un'immensa scia di idrogeno lunga 50 volte il diametro della stella.... proprio come fa una cometa in prossimità del sole.
Il pianeta, estremamente vicino alla sua stella tanto da completare il suo anno in 2 giorni terrestri e mezzo, satura la sua orbita con questa coda di atomi di idrogeno che viene rinforzata ad ogni passaggio.

Parliamo di dimensioni. Durante il suo transito di fronte alla stella il pianeta occulta lo 0,69% della luce stellare, ma la sua scia oltre il 56%!
Soffermiamoci un attimo ora sul tasso di evaporazione dell'atmosfera di questo pianeta: 1000 tonnellate al secondo. Ragionando da terrestri è un numero enorme, ma qui parliamo di un pianeta con una massa paragonabile a quella di Nettuno ( 17 volte la massa della Terra). A questo ritmo il pianeta impiegherebbe 1 miliardo di anni per dimagrire solo dello 0,1%!  Inoltre si crede che il pianeta evaporasse molto di più in passato, quando la sua stella non era ancora una nana rossa, e da allora abbia perso fino al 10% della sua atmosfera ( l'età stimata del pianeta è di almeno 6 miliardi di anni).
Si ipotizza quindi che nel passato di sistemi analoghi tale ritmo di evaporazione fosse più elevato, liberando questi pianeti dalla loro spessa atmosfera e spiegando quindi la presenza di numerosi pianeti rocciosi. E' possibile che una vicenda simile sia accaduta anche alla neonata Terra: la sua densa atmosfera primordiale di idrogeno ed elio sarebbe evaporata analogamente a GJ 436b nell'arco di 100-500 milioni di anni a causa del vento e della radiazione solare.

In conclusione, il team autore della scoperta fa sapere che la tecnica di osservazione nell'ultravioletto utilizzata in questo studio potrebbe essere efficace anche nel rilevare oceani in evaporazione su pianeti rocciosi e miti di tipo terrestre. Le molecole d'acqua evaporate da un oceano potrebbero risalire gli strati atmosferici ed essere spezzate dalla radiazione stellare incidente sul pianeta in ossigeno ed idrogeno; quest'ultimo si disperderebbe come una scia alle spalle del pianeta potendo essere quindi rilevato.


18.6.15

MISURATA LA MASSA DI UN ESOPIANETA GRANDE COME MARTE

L'esopianeta Kepler-138b rimarrà nella storia in quanto è il primo esopianeta più piccolo della Terra di cui è stata misurata la massa.
Fino a pochi anni fa misurare la massa di tali pianeti era semplicemente fantascienza, mentre oggi si conoscono le masse di molti (anche se pochi rispetto al totale) pianeti extrasolari e diversi metodi per raggiungere questo risultato.
Generalmente, per calcolare la massa di un esopianeta si misurano i minuscoli spostamenti subiti dalla stella a causa della presenza del pianeta che le orbita attorno: questo metodo funziona bene per i pianeti giganti che hanno una certa influenza gravitazionale sulla loro stella. Ma per i pianeti di taglia terrestre o per quelli ancora più piccoli? Tale spostamento risulta davvero difficile da misurare dalla Terra in quanto estremamente ridotto.
Ma gli astronomi hanno elaborato nuovi ed ingegnosi metodi per giungere al medesimo risultato.

Quello che ha portato a questa importante scoperta sfrutta la presenza di altri pianeti all'interno dello stesso sistema planetario ed il metodo del transito.
Il sistema in orbita attorno a Kepler-138 si trova a 200 anni luce di distanza in direzione della costellazione della Lira; la stella possiede una massa pari al 40% di quella del Sole e una temperatura superficiale di circa 3800°C.
Kepler-138b è il più interno dei pianeti del sistema; gli altri due, Kepler-138c e Kepler-138d sono di taglia terrestre anche se dai dati della loro densità si evince che il primo è roccioso come la Terra ed il secondo è meno denso.
Tutti e tre i pianeti orbitano troppo vicini alla stella per ospitare la vita come la conosciamo noi.
Ma vediamo come si è giunti alla scoperta.
Sono stati osservati con estrema precisione i transiti di tutti e tre i pianeti noti del sistema di fronte alla loro stella Kepler-138. Durante il transito (ed in generale durante l'intera orbita) ogni pianeta accelera e decelera sotto l'effetto della presenza degli altri pianeti nel sistema e questa situazione provoca piccolissimi anticipi o ritardi nei transiti successivi. Da queste minuscole discrepanze misurabili in decine di minuti ( tecnicamente: TTV, Transit Timing Variations ) è stato possibile calcolare la massa dei pianeti.
Inoltre, dalla quantità di luce stellare schermata dal pianeta durante il transito, Kepler è in grado di determinare le dimensioni del pianeta.
Avendo la massa (0,066 masse terrestri) e la dimensione del pianeta (0,522 raggi terrestri), attraverso un semplice calcolo si giunge alla densità: circa 2,6 grammi per centimetro cubo.
La densità di un pianeta ci dice moltissimo sulla sua struttura e sulla sua composizione: Kepler-138b pare sia costituito principalmente da roccia come la Terra e Marte.
Per dimensioni e densità Kepler-138b ha molto in comune con il nostro Marte; ma le somiglianze finiscono qui in quanto l'esopianeta orbita vicinissimo alla sua stella ed il suo anno dura appena 10 giorni terrestri!




16.6.15

GJ1214 : ECLISSI DI MACCHIA STELLARE

Utilizzando uno degli strumenti più avanzati oggi a disposizione dei cacciatori di pianeti extrasolari, il Large Binocular Telescope, è stato possibile compiere un'osservazione senza precedenti: rilevare il transito di un pianeta extrasolare su una macchia stellare.
Come abbiamo detto più volte in questo blog, gli strumenti attualmente disponibili si collocano al limite per ciò che concerne la possibilità di osservare dettagli superficiali o atmosferici degli esopianeti. In rarissimi casi è stato possibile fare qualcosa di simile osservando alcuni esopianeti in differenti lunghezze d'onda e mettendo insieme i dati raccolti in modelli verosimili.
Infatti, eccezioni a parte, possiamo affermare che per ora di un pianeta extrasolare possiamo osservare la luce emessa o riflessa e conseguentemente l'immenso carico di informazioni che questa porta con sè.
Il pianeta in questione e la stella attorno a cui orbita sono già noti da tempo alla comunità astronomica e sono stati oggetto di numerosi studi approfonditi.

La stella è una nana rossa piuttosto irrequieta con un raggio pari a 1/5 di quello solare ed una massa pari ad 1/6, la cui temperatura superficiale si aggira attorno ai 3000 K (la metà di quella del Sole). Il sistema si trova a 42 anni luce in direzione della costellazione dell'Ofiuco.
Il pianeta, scoperto nel 2009 e noto come GJ1214J, è catalogato come superterra e durante la sua fase di transito sul disco della stella ha eclissato una grossa macchia stellare permettendo agli astronomi di raccogliere dati preziosissimi sfruttando questo inedito evento.
Tale occultazione ha permesso di calcolare con grande precisione la temperatura della macchia stellare e le dimensioni del pianeta utilizzando i dati raccolti in osservazioni condotte su due lunghezze d'onda differenti.
La prova della correttezza delle osservazioni non si è fatta attendere in quanto già insita nella struttura stessa del telescopio utilizzato per compiere lo studio.
Le osservazioni sono state condotte contemporaneamente da rilevatori posti nel fuoco dei due grandi specchi del Large Binocular Telescope e l'esito ottenuto è stato immediatamente confrontato ed è risultato essere il medesimo.
Il pianeta possiede un raggio pari a 2,7 volte quello terrestre ed è avvolto da uno spesso strato di nubi posto ad alta quota. La sua massa, pari a 6,5 volte quella terrestre, ha acceso l'interesse degli astronomi. GJ1214b appartiene ad una classe di pianeti che non ha eguali nel nostro sistema e quindi di estremo interesse: si tratta di pianeti terrestri giganti (dunque rocciosi) oppure di pianeti nettuniani in miniatura con una spessa e densa atmosfera estesa di idrogeno ed elio? Comprendere la natura di questo pianeta potrebbe far luce sulla struttura di questa semisconosciuta classe di mondi alieni.

La temperatura della macchia è stata stimata (grazie alla fotometria multicolore, che confronta i dati raccolti nel blu e nel rosso) essere 110 K più fredda della fotosfera stellare ed il suo studio ha permesso per la prima volta il calcolo del periodo di rotazione della stella: 80 giorni terrestri.




12.6.15

SCOPRIRE ESOPIANETI A 15 ANNI? SI PUO'!

Tom Wagg, uno studente quindicenne che stava svolgendo un tirocinio presso la Keele University, ha scoperto un pianeta extrasolare che sta orbitando attorno ad una stella distante ben 1000 anni luce in direzione della costellazione dell'Idra.
Il ragazzo stava analizzando i dati raccolti da WASP ( Wide Angle Search for Planets ), un sistema automatizzato che monitora milioni di stelle alla ricerca di cali di luminosità periodici che possano far pensare ad una presenza planetaria.


WASP è molto efficiente ed utilizzando il metodo del transito ha scoperto ben 142 mondi alieni nell'arco di pochi anni.
Tom ha riconosciuto uno di questi cali di luminosità periodici osservando la curva di luce di una stella indagata da WASP. 
Dopo due anni di studi per confermare l'autenticità della scoperta e la caratterizzazione del pianeta, Tom può finalmente affermare di aver scoperto un esopianeta.... e forse si tratta attualmente del più giovane scopritore!
Oggi ha 17 anni e sta terminando gli studi primari. Vuole fare fisica all'università e sicuramente continuerà a cercare pianeti extrasolari.
Intanto il pianeta è stato catalogato come WASP-142b e, con la sua elevata massa ed un anno che dura solo 2 giorni terrestri, rientra a pieno titolo nella categoria degli Hot Jupiters .

28.5.15

UNA FASCIA DI KUIPER ATTORNO AD UN'ALTRA STELLA

Attorno ad HD 115600, una giovane stella molto simile al Sole distante 360 anni luce in direzione della costellazione del Centauro, è stata scoperta una cintura di materiale composta da roccia e ghiaccio posizionata alla stessa distanza della Fascia di Kuiper del nostro sistema solare. 

A scoprirla è stato il Gemini Planet Imager (GPI) a bordo del telescopio Gemini Sud (Cile), uno degli strumenti più avanzati nella scoperta e nello studio chimico-fisico dei dischi protoplanetari dei pianeti extrasolari. In particolare, si tratta del primo oggetto scoperto con il nuovo potentissimo sistema di ottiche adattive estreme ( EAO, Extreme Adaptive Optics ), in grado di eliminare l'interferenza della turbolenza atmosferica di cui soffrono i telescopi terrestri e produrre un'immagine nitida come se si osservasse dallo spazio.

Il disco di materia si trova tra le 37 e le 55 unità astronomiche dalla stella (ovvero tra i 5.5 e gli 8.2 miliardi di km), una distanza che nel nostro sistema è occupata dalla Fascia di Kuiper.
A rafforzare le analogie tra i due dischi di materia è lo studio della sua composizione chimica. 
Dalle prime analisi infatti tale disco sembra costituito da ghiaccio d'acqua, silicati e composti del carbonio.
Studiando la morfologia del disco invece, il team di astronomi ha scoperto che esso non è centrato sulla sua stella (eccentricità dello 0.1-0.2) indicando quindi con ogni probabilità la presenza di pianeti (probabilmente giganti ed orbitanti tra le 10 e le 20 unità astronomiche) attualmente invisibili ma la cui presenza influenza gravitazionalmente la posizione del disco.

Le prime ricostruzioni della dinamica di questo sistema evidenziano come il modello combaci con quanto osservato se all'interno del sistema poniamo pianeti giganti con orbite particolarmente eccentriche.
Considerando quanto scoperto, ciò che stiamo osservando oggi in questo sistema stellare è ciò che con ogni probabilità è successo nel nostro sistema solare circa 5 miliardi di anni fa. In quel periodo i giovani pianeti in formazione nel nostro sistema stavano riordinando le loro orbite, circolarizzandole, stabilizzandole e ripulendole dai detriti. I detriti che non vennero espulsi dal giovane sistema solare vennero spinti dalla gravità dei pianeti giganti e dal vento solare verso i confini del sistema solare andando a costituire la Fascia di Kuiper.
Un ulteriore punto in favore di un futuro studio approfondito di questo sistema riguarda la stella. Si tratta, come detto, di una stella di tipo solare con una massa pari a 1,4 volte quella del Sole ed un'età di soli 15 milioni di anni facente parte di una corrente stellare nota come Scoprione-Centauro OB Association... la stessa dove si presume si sia formato anche il nostro Sole.



8.5.15

55 CNC e: UNA SUPER-TERRA ESTREMAMENTE ATTIVA E VARIABILE.

In questo articolo parleremo di una scoperta destinata a fare la storia dell'esplorazione e della caratterizzazione dei pianeti extrasolari.
L'oggetto di questa scoperta è il più interno tra i 5 pianeti in orbita attorno alla stella 55 Cancri A.
scoperto nel 2004 e denominato 55 Cancri e, il pianeta è studiato ininterrottamente da allora e risulta essere una vera e propria miniera di informazioni sui pianeti rocciosi sottoposti a condizioni estreme. 
Il pianeta, distante 40,9 anni luce dal Sole, rientra nella categoria delle SuperTerre ed è stato già detentore di un importantissimo record: l'8 maggio 2012 la NASA ha annunciato per la prima volta la rilevazione diretta della luce emessa da un pianeta extrasolare, proprio da parte di 55 Cnc e.
L'analisi di quella luce ha svelato un mondo dalle condizioni a dir poco proibitive ed estreme. 
A causa dell'estrema vicinanza del pianeta, il cui anno dura solo 18 ore terrestri, alla sua stella gli effetti mareali generano una situazione simile a quella che intercorre tra Terra e Luna, obbligando la stella ed il pianeta a guardarsi sempre con il medesimo emisfero. 55 Cnc e è talmente vicino alla sua stella che un anno dura solo 18 ore terrestri e la temperatura superficiale media di 2000°C arroventa l'emisfero perennemente esposto alla luce solare. 
L'analisi della quantità di radiazione infrarossa emessa dal pianeta ha mostrato un pianeta estremamente scuro e l'analisi spettrale ha confermato l'abbondanza di metalli sul pianeta.

Con una massa peri a 8 volte quella terrestre racchiusa in due volte e mezza la dimensione del nostro pianeta, l'ipotesi che si tratti di un pianeta nettuniano gassoso è stata accantonata a causa dell'eccessiva densità.

Nel 2012 il pianeta tornò alla ribalta grazie ad un nuovo modello che lo descriveva come un possibile "pianeta carbonio" (pianeta ricchissimo di carbonio e composti carboniosi) che, a causa delle condizioni estreme, si sarebbe trasformato in un pianeta composto principalmente da grafite in superficie e diamante dall'interno. Tale modello spiegava una serie di evidenze spettroscopiche tra cui la bassissima emissione di radiazione infrarossa.

Questo è ciò che si sapeva del pianeta fino a ieri. Oggi un nuovo tassello si aggiunge al mosaico e potrebbe addirittura ridisegnare buona parte di ciò che si credeva di conoscere su questo stranissimo mondo.
Per due anni un gruppo di astronomi dell'Università di Cambridge ha osservato in dettaglio l'atmosfera del pianeta, prestando particolare attenzione alla sua temperatura. Il telescopio Spitzer ha effettuato le misurazioni notando una variazione del segnale pari al 300% nell'arco del periodo osservativo... una vera rivoluzione planetaria in corso. Tra il 2011 ed il 2013 la temperatura planetaria media è passata da 1000 a 2700°C .
Si tratta della prima misura in assoluto della variazione di un'atmosfera extrasolare e la cosa risulta ancora più sbalorditiva se si pensa che è stata fatta su un pianeta roccioso di piccola taglia e non su un gigante gassoso.
L'ipotesi che attualmente va per la maggiore è quella che vedrebbe un'intensa attività vulcanica globale come responsabile della variazione termica dell'intera atmosfera per ben 3 volte in due anni di rilevazioni. Un'attività che farebbe impallidire quella sulla luna gioviana Io ( il corpo geologicamente più attivo del sistema solare con i suoi 400 vulcani perennemente attivi) e che sarebbe portata avanti da immensi pennacchi e vulcani sparsi per tutto il pianeta.
Dopo questa scoperta 55 Cancri e, grazie alla sua vicinanza e alla mole di dati disponibili, sarà inserito nella lista dei pianeti extrasolari da osservare in dettaglio con gli strumenti di nuova generazione.

LA FOTO DI UN PIANETA EXTRASOLARE VICINO

A 40 anni luce da noi, attorno alla stella nana rossa VHS 1256, orbita un pianeta denominato VHS 1256b.
L'esopianeta è 11 volte più massiccio di Giove pur avendo dimensioni analoghe a quelle del gigante gassoso del nostro sistema solare. La sua atmosfera possiede una temperatura di 1200°C, condizione che lo rende particolarmente luminoso agli occhi del telescopio VISTA dell'ESO.

Fin qui nulla di speciale, se non fosse che si tratta dell'esopianeta più vicino alla Terra di cui si sia ottenuta una foto ed uno spettro.
Gli esopianeti fotografati sono un'esigua minoranza rispetto alle migliaia di pianeti scoperti con metodi indiretti come il transito, il microlensing e la misura delle velocità radiali. Infatti riuscire a catturare la luce di un pianeta extrasolare è come riuscire a fotografare la luce riflessa dalle ali si una falena che vola attorno ad un lampione posto a svariati km di distanza. I metodi indiretti invece si concentrano sulle perturbazioni generate dalla presenza dei pianeti attorno alla stella, ugualmente difficili da rilevare a causa della differenza tra le masse in gioco.
VHS 1256b  orbita a ben 100 UA dalla sua stella, circa 2 volte e mezza la distanza di Plutone dal Sole, rendendo più agevole da Terra la cattura della sua luce riflessa.
Dall'analisi della sua luce è emersa la sua colorazione marcatamente rossa ed una struttura atmosferica interessante che si intende studiare in dettaglio nel prossimo futuro.
A livello di composizione chimica, lo spettro ha mostrato la presenza di molecole d'acqua, metalli alcalini e l'inattesa assenza di metano.
La grande separazione dalla sua stella, unita alla vicinanza del sistema al Sole, ha reso possibile la cattura dell'immagine e di uno spettro particolarmente dettagliato che spazia dalle onde radio ai raggi X. La possibilità di ottenere uno spettro ben definito è fondamentale per poter compiere studi approfonditi legati a vari fenomeni planetari (bombardamenti cometari, esolune attive, ecc) ed elettromagnetici (aurore polari, magnetismo ed emissioni varie) altrimenti impossibili da indagare.


In conclusione, l'ultimo dato degno di nota riguarda l'età stimata del sistema. Grazie alla gran quantità di dati a disposizione, il sistema di VHS 1256 è tra i pochi conosciuti su cui è stato possibile effettuare una stima dell'età, risultata essere compresa tra i 150 ed i 300 milioni di anni.

HL TAU: NASCITA DEI PIANETI IN DIRETTA.

Nell'ottobre del 2014 circolò un'immagine storica per il suo dettaglio e per le implicazioni. 

HL Tau è una giovane stella della costellazione del Toro posta a circa 450 anni luce da noi; il suo sistema ha un'età inferiore al milione di anni ed un diametro pari a 36 miliardi di km.
In particolare l'immagine mostra una serie di cerchi scuri concentrici interpretati inizialmente come quelle orbite particolari in cui i pianeti neonati stanno facendo le pulizie, ovvero, rivoluzione dopo rivoluzione, ripuliscono la loro orbita dai detriti avanzati dal loro processo di formazione.
Questa sembra essere una tappa obbligata nella formazione di un sistema planetario ed è stata immortalata con un dettaglio senza precedenti da telescopio ALMA.


Al momento della pubblicazione dell'immagine si creò un dibattito circa l'effettiva possibilità che i cerchi scuri potessero essere le orbite planetarie in quanto troppo vicine le une alle altre. Qualcuno si spinse ad ipotizzare addirittura che la gravità avesse espulso i pianeti dal sistema a causa di questa configurazione estrema.
Recenti e più approfonditi studi però hanno dimostrato come un sistema come quello in foto possa esistere ma con particolarissime condizioni di sopravvivenza: le orbite scure ed i relativi pianeti sarebbero in risonanza gli uni rispetto agli altri. Ciò significa che la configurazione rimane stabile a patto che i pianeti orbitino in precisi tempi e a particolari distanze. Ed in particolare questi pianeti si mancherebbero per pochissimo, quanto basta per mantenere in equilibrio il sistema e non collidere.
Il tutto somiglia ad una configurazione presente anche nel nostro sistema solare: le orbite di Nettuno e Plutone. Queste si intersecano ma grazie ai particolari periodi orbitali dei pianeti i due non si scontrano mai rimanendo in equilibrio per miliardi di anni.
Anche l'aspetto temporale della questione ha lasciato interdetti gli astronomi: il sistema si è formato e sta producendo i pianeti in meno di un milione di anni, un battito di ciglia anche per il nostro sistema solare. Questa evidenza fa riflettere ora sulla rapidità con cui si forma un disco protoplanetario.
e gas attorno alla stella HL Tau.
Con ogni probabilità numerosi pianeti in formazione verranno espulsi da questo sistema entro i prossimi milioni di anni a causa dell'interazione gravitazionale con i pianeti più massicci che si verranno a formare. Questi ultimi guadagneranno orbite stabili nel sistema, ritornando ad uno stato di generale equilibrio. Questa ipotesi si basa su quanto pare sia accaduto all'interno del nostro sistema solare, chissà che HL Tau non ci sorprenda nuovamente.