19.12.14

KEPLER: NUOVA VITA E... NUOVO PIANETA!

Il 15 maggio 2013 la NASA annunciò un guasto al giroscopio n°4 del telescopio spaziale Kepler, seguito a quello del luglio 2012 al giroscopio n°2; un danno tale da compromettere la capacità di puntamento del telescopio e dunque l'intera attività di ricerca. Si trattò di una pessima notizia per il telescopio Kepler che aveva sino ad allora scoperto migliaia di mondi in una porzione relativamente piccola di cielo e rivoluzionato la nostra concezione del cosmo in materia di sistemi planetari. Una volta compresa a fondo l'entità del danno, la missione di Kepler sembrò irrecuperabile tanto che cessarono addirittura gli studi per tentarne il recupero. Ma l'incredibile lavoro svolto dal team di Kepler e dalla NASA in generale riuscì, contro ogni probabilità, a dare nuova vita al telescopio con la sua "second light", ovvero la nuova missione estesa denominata K2. A partire dal 18 novembre 2013, sfruttando le potenzialità dei due giroscopi ancora perfettamente
funzionanti, Kepler ha concentrato il suo interesse sullo studio di oggetti del sistema solare, sulla ricerca di supernovae e.... sulla ricerca di pianeti di piccola taglia attorno alle nane rosse, in particolare quelli inclusi nella zona di abitabilità della loro stella.
Prima della missione K2, appena stabilizzato dopo la perdita del secondo giroscopio, Kepler lavorava con una precisione fotometrica di 300 parti per milione (ppm), assai inferiore alle 20 parti per milione che possedeva durante la piena operatività. La prospettiva della nuova missione estesa generò soluzioni frutto di un incredibile lavoro ingegneristico: si riuscì a portare Kepler (dotato di soli 2 giroscopi funzionanti e sottoposto agli scossoni della pressione della radiazione solare) alla precisione fotometrica di 44 ppm su una stella di 12 magnitudine sottoposta a 6,5 ore di integrazione. Sostanzialmente si è riusciti a riportare Kepler alla precisione posseduta dal telescopio prima dell'ultimo guasto, come se avesse ancora 3 giroscopi funzionanti. Durante la prima campagna osservativa di K2 il telescopio ha osservato in dettaglio una regione di cielo compresa tra la costellazione della Vergine e quella del Leone, mentre nella campagna 2 attualmente in corso il campo osservato comprende la testa dello Scoprione. Questa zona include anche i due ammassi globulari M4 e M80.

E proprio durante le osservazioni-test per la missione K2, svoltesi nel febbraio 2014, Kepler osservò un transito planetario sulla stella HIP116454, il primo della nuova vita del telescopio.
Si tratta di una stella arancione poco più piccola del Sole, posta a 180 anni luce da noi nella costellazione dei Pesci. Un sistema sofisticatissimo di compensazione della deriva del telescopio ha permesso di riconoscere il transito nei dati raccolti, evidenziandolo dal rumore di fondo. La conferma finale è stata però opera di HARPS-N, l'ultrasensibile spettrografo montato sul Telescopio Nazionale Galileo. Grazie alle sue sessioni osservative condotte in vari periodi del 2014 è stato possibile caratterizzare il pianeta.
HIP116454b è una superterra di 32200 km di diametro ( 2,5 volte la Terra ) con una massa 12 volte quella del nostro pianeta. Una così elevata densità fa ipotizzare che questo mondo sia un pianeta oceano o un piccolo pianeta nettuniano con un'estesa atmosfera gassosa. La temperatura planetaria è di poco inferiore ai 400°C. Orbitando a 13,5 milioni di km da suo astro (1/11 della distanza Terra-Sole), l'anno di questo pianeta dura solo 9,1 giorni terrestri.

Si tratta di un nuovo grande risultato collezionato da Kepler, acciaccato ma tutt'altro che spacciato, ed un grandissimo lavoro svolto dal team di ingegneri ed astronomi che seguono la sua missione. 

1.12.14

OSSERVARE PICCOLI ESOPIANETI CON TELESCOPI TERRESTRI

La tecnologia su cui possono contare oggi i maggiori telescopi terrestri è al limite della fantascienza, tanto che spesso dalla superficie del nostro pianeta si compiono osservazioni tanto accurate da risultare impossibili anche per i telescopi spaziali attualmente in orbita.
Tra queste incredibili osservazioni vale la pena citare l'ultima riguardante un pianeta di tipo terrestre orbitante attorno ad una stella vicina: 55 Cancri e.
Ad oggi il 99,9% dei quasi 1900 pianeti extrasolari confermati ( e degli oltre 4000 candidati ) è stato scoperto e ripetutamente osservato dallo spazio, luogo privilegiato in cui non ci sono interferenze atmosferiche. Talvolta sono state compiute osservazioni e scoperte dalla superficie terrestre ma ciò risulta assai difficoltoso ed i risultati ottenuti da terra nell'ambito della scoperta e dello studio dei pianeti extrasolari non possono in alcun modo rivaleggiare con quelli ottenuti dallo spazio... almeno fino ad oggi.
Il Nordic Optical Telescope da 2,5 metri ( posto alle Canarie ) è stato infatti sfruttato al massimo per osservare il transito del pianeta 55 Cnc e di fronte alla sua stella. Grazie ad ottiche adattive di ultimissima generazione, detector ultrasensibili e ad altissimo guadagno, il 'piccolo' telescopio è riuscito nell'intento creando questo importantissimo precedente. Va detto però che questa osservazione arriva seconda: il primo transito di un pianeta extrasolare di taglia terrestre osservato da Terra fu quello di GJ 1214b.

55 Cancri e, eclissando la sua stella per due ore ad ogni transito, causa una diminuzione di luminosità dell'astro dello 0.05%, abbastanza per essere rilevato dal telescopio a terra.
L'anno di questo pianeta, il più interno tra i 5 presenti attorno alla stella 55 Cancri, dura 18 ore terrestri. Le sue dimensioni sono circa il doppio di quelle della Terra, ma la sua massa è 8 volte maggiore.
Se oggi è possibile osservare pianeti extrasolari di piccola taglia dalla superficie con telescopi di media apertura, possiamo immaginare facilmente le potenzialità dell'E-ELT in fase di costruzione. Coi suoi 40 metri ed un corredo tecnologico all'avanguardia aprirà senza ombra di dubbio una nuova pagina nell'esplorazione degli esopianeti, rivaleggiando con i telescopi spaziali di prossima generazione come PLATO, TESS, JWST ed altri.

23.11.14

CALCOLATO PER LA PRIMA VOLTA IL CAMPO MAGNETICO DI UN ESOPIANETA

Ormai da molti anni si cerca, senza successo, il modo di osservare e mappare il campo magnetico dei pianeti extrasolari. Oggi abbiamo una chance in più di riuscirci grazie ad un metodo ideato da un team di astronomi austriaco ed applicato al famoso esopianeta HD 209458b, un gioviano caldo conosciuto anche come Osiris e posto nella costellazione di Pegaso, a 150 anni luce da noi.
La grande difficoltà sta nell'impossibilità di osservare direttamente un campo magnetico e quindi bisognava escogitare un modo per renderlo visibile e misurabile evidenziando gli effetti della sua presenza che si manifestano nell'ambiente prossimo al pianeta.
In particolare, il telescopio spaziale Hubble ha rilevato un rapidissimo allontanamento degli atomi ionizzati di idrogeno presenti nelle vicinanze del pianeta. In particolare gli atomi si allontanano dal pianeta in maniera asimmetrica, come mostra lo spettro del pianeta rilevato durante un transito. Tale comportamento è risultato inspiegabile per lungo tempo, fino alla formulazione di questo nuovo modello che mette insieme tutte le conoscenze disponibili oggi in materia di atmosfere planetarie e venti stellari.
Il nuovo modello applicato all'esopianeta studia quindi l'interazione tra il vento stellare e l'atmosfera planetaria ed ha prodotto due risultati di rilievo. E' stato possibile calcolare la velocità del vento stellare, risultata pari a 400 km/s, e l'intensità del campo magnetico di HD 209458b, dimostratasi pari al 10% di quella del nostro Giove. Il momento magnetico planetario stimato è pari a 1,26 x 10^26 ampere/m2 e la magnetosfera di HD 209458b si estende per 2,9 raggi planetari.

Nell'immagine sopra possiamo vedere in blu gli atomi di idrogeno neutro ed in rosso quelli di idrogeno ionizzato ( che includono i protoni del vento stellare ). E' bene evidente la scia che producono gli atomi di idrogeno neutro in allontanamento dal pianeta.



10.11.14

HL TAU: FINALMENTE UNA CHIARA E STORICA CONFERMA.

Le immagini dei dischi protoplanetari di cui disponiamo oggi cominciano ad essere numerose e sempre più dettagliate. Talvolta ritraggono sistemi planetari nascenti visti di taglio, altre volte li immortalano come se li stessimo sorvolando. Eppure, fatta eccezione per pochissimi casi, le riprese mancano di quel dettaglio necessario ad eliminare alcuni dubbi teorici persistenti sulla formazione dei pianeti all'interno di questo disco di gas e polveri.
Il radiotelescopio ed interferometro ALMA è riuscito a colmare questo vuoto di dati raccogliendo un'immagine storica di ciò che sta accadendo attorno alla stella HL Tau, nella costellazione del Toro a 450 anni luce da noi.
L'astro in questione ha all'incirca un milione di anni ed è proprio la sua giovane età a rendere questo sistema un ottimo candidato per la ricerca degli stadi iniziali della formazione planetaria.
La teoria ha fino ad oggi ipotizzato la formazione dei pianeti all'interno di un disco protoplanetario per accrescimento: gas e polveri presenti nel disco si raccoglievano in conglomerati di materia sempre più massivi fino a produrre comete, asteroidi ed infine pianeti. Questi ultimi ripulivano le loro orbite, stabilizzandole. 
Dunque, quello che si voleva osservare chiaramente era proprio un disco formato da anelli concentrici di materia separati da 'divisioni', ovvero anelli privi di materia al loro interno, sintomo di planetesimi che stavano per l'appunto ripulendo la loro orbita. 
Finalmente ALMA ha potuto osservare proprio questa configurazione nella recente immagine rilasciata dal team di astronomi che porta avanti questo importante studio.
Per una volta un aspetto della teoria della formazione planetaria trova una chiara ad incontrovertibile prova della sua correttezza, dopo le tantissime correzioni derivanti dall'osservazione di centinaia di sistemi planetari extrasolari assai differenti dal nostro, ognuno con le sue incredibili dinamiche al limite del fantascientifico.
Un altro importante dato che emerge è senza dubbio la velocità con cui si formerebbero i pianeti: ALMA ha osservato numerosi pianeti in formazione attorno a questa stella di appena 1 milione di anni. Senza dubbio la formazione dei pianeti avviene  in maniera molto più rapida di quanto ipotizzato fino ad oggi.
La protostella appare di magnitudine visuale 15 e costituisce, come tutte le giovanissime stelle con disco in formazione, un oggetto di Herbig-Haro dotato di due getti polari opposti.
Il disco possiede una massa totale stimata in 0,1 masse solari ed un diametro di 4000 UA.

Finalmente le immagini prodotte dalle simulazione cominciano ad essere sostituite con quelle reali raccolte dai migliori telescopi oggi esistenti. 


7.11.14

GG TAU: TRE SOLI AL CENTRO E TANTE SORPRESE

Abbiamo parlato spesso di come si organizzino i sistemi stellari doppi, tripli e quadrupli dotati di pianeti. Quella scoperta recentemente però è una configurazione inedita che ha sorpreso gli astronomi.
Prima di quest'ultima scoperta, i sistemi planetari noti erano così organizzati:
- stella singola con attorno i pianeti;
- stella doppia con attorno i pianeti 
   - pianeti attorno ad una stella del sistema binario;
   - pianeti attorno ad ognuna delle stelle del sistema binario;
- sistema triplo: pianeti orbitanti attorno al sistema binario centrale e terza stella orbitante attorno         all'intero sistema su un'orbita più ampia;
- sistema quadruplo: pianeti orbitanti attorno al sistema binario centrale e sistema binario orbitante       attorno all'intero sistema su un'orbita più ampia.

La nuova scoperta, effettuata studiando il sistema stellare GG Tau, riporta invece un disco protoplanetario attorno a tre stelle poste nel suo centro. Fino a poco tempo fa GG Tau era ritenuto un sistema stellare doppio (con le due stelle: Aa e Ab), e solo grazie alla sua osservazione attraverso il VLT ed il VLTI è stato possibile determinarne la natura ternaria, con la stella Ab binaria a sua volta.
Nel 2011 è stato osservato un disco protoplanetario attorno alla stella Aa, distante abbastanza dalla coppia Ab da non subirne stress gravitazionali. Attorno al trio stellare gli astronomi hanno rilevato in seguito un disco di gas e polveri in rotazione, ripulito nel suo centro dalle intense forze gravitazionali di marea dei tre astri.
In questa zona instabile, la materia che vi si trova a transitare può solamente precipitare sulle stelle centrali, a differenza di ciò che accade ai margini del sistema triplo: qui la materia non è disturbata eccessivamente dalla gravità delle stelle e può generare strutture stabili e durature.

Il nuovo studio, condotto dagli interferometri IRAM e ALMA, si basa sulle emissioni del monossido di carbonio e dei grani di polvere presenti nel disco protoplanetario attorno a GG Tau. Il livello di dettaglio raggiunto non ha precedenti e mostra chiaramente un flusso di materiale che dall'anello esterno fluisce in direzione del centro del sistema stellare. La quantità di materiale spostato verso l'interno è tale da poter tranquillamente sostenere il disco protoplanetario presente attorno alla stella Aa ed addirittura, secondo i modelli, sufficiente a produrre pianeti.
Ma le scoperte non finiscono qui.



La mappa dell'emissione del CO ha mostrato due zone del disco esterno nettamente più brillanti e due volte più calde rispetto al resto: un chiaro indizio della formazione di un pianeta gassoso gigante.
 
Questo esatto momento della storia dinamica del sistema potrebbe vedere l'apertura di una divisione nel disco protoplanetario esterno generata dall'addensarsi del nuovo pianeta che sta per cominciare la pulizia della sua orbita; purtroppo però la rilevazione di quest'ultima è appena oltre le possibilità di risoluzione degli strumenti attuali.


Tutto questo sta succedendo a 450 anni luce da noi ed il team congiunto di ALMA e IRAM non vede l'ora di terminare il lavoro su questo sistema, non appena ci sarà un upgrade della strumentazione disponibile.

20.10.14

UN GIGANTE GHIACCIATO A 25 000 ANNI LUCE DA NOI

In questo blog parliamo spesso di pianeti rocciosi di tipo terrestre e di giganti gassosi come Giove, ma talvolta si scoprono anche pianeti di taglia intermedia come i nostri giganti ghiacciati: Urano e Nettuno. I due sono in realtà molto più simili a giganti gassosi con l'aggiunta di ammoniaca e metano, esposti alle temperature glaciali tipiche dei confini del nostro sistema planetario.
Recentemente è stata confermata la presenza di un pianeta orbitante attorno ad una stella facente parte di un sistema binario posto a ben 25 000 anni luce da noi!


La scoperta di OGLE-2008-BLG-092LAb ( così è stato attualmente denominato) è stata possibile grazie al metodo del microlensing gravitazionale, analizzando l'evento catalogato come OGLE-2008-BLG-092.
La presenza del pianeta è stata confermata grazie anche all'osservazione di 3 fortunati eventi di microlensing avvenuti a distanza di qualche anno. Il primo evento, datato 2008, ha insinuato il dubbio riguardo alla presenza di un pianeta in orbita attorno alla stella madre, il secondo e terzo evento (2013 - 2014), ha confermato la presenza del pianeta ed ha messo in luce la natura binaria del sistema stellare a cui apparteneva.

Questa preziosissima tecnica permette di scoprire pianeti lontanissimi da noi, anche di piccole dimensioni. Altri fattori fortunati e rari per questo tipo di eventi sono la luminosità della stella madre del pianeta, I = 13,9 mag, e la ripetizione dell'evento di microlensing solitamente unico ed imprevedibile.
La distanza del pianeta dalla Terra è tale che risulta impossibile rilevare altre caratteristiche planetarie oltre alla dimensione e a qualche parametro orbitale; a queste distanze anche i metodi più proficui come quello del transito e quello delle velocità radiali risultano inefficaci.
E quindi come possiamo affermare che il pianeta sia un gigante ghiacciato come il nostro Urano?
Possiamo affermarlo in quanto è stato possibile calcolarne l'orbita che lo posizionerebbe all'incirca alla stessa distanza di Urano dal Sole, in particolare a 18 UA. E' stato possibile anche determinarne la massa, stimata in 4 volte quella di Urano.

Inoltre la stella madre di questo pianeta ha una massa pari a solo 2/3 di quella solare e la compagna appena 1/6. Quest'ultima però è abbastanza vicina all'orbita del pianeta tanto da disturbarla in maniera evidente, la distanza che separa le due stelle è appena 3 volte maggiore di quella che separa il pianeta dalla sua stella.
Riassumendo: l'elevata massa del pianeta e la sua distanza da una stella tutto sommato debole lo rende un perfetto sosia ( in grande scala ) di Urano. Il primo mai scoperto.


Questa scoperta dimostra per l'ennesima volta l'efficacia di questo metodo e conferma la sua validità anche per quei pianeti che possiedono un'orbita ampia. Naturalmente, proprio per le condizioni in cui si verificano questi eventi, vi sarà una maggiore probabilità di riscontrane in direzione del centro galattico dove si sovrappongono miliardi di stelle; anche il pianeta di cui abbiamo parlato oggi rientra in questa casistica, collocandosi in direzione della costellazione del Sagittario e dunque del centro galattico.

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10.10.14

WASP-43b: IL PRIMO STUDIO APPROFONDITO SU UN'ATMOSFERA ALIENA.

Ciò di cui parliamo oggi rappresenta sicuramente un grosso passo avanti nello studio e nella comprensione della struttura e delle caratteristiche dei pianeti extrasolari.
Abbiamo accennato spesso alla difficoltà estrema nel caratterizzare le atmosfere di questi mondi lontani: bisogna infatti catturare la debolissima luce che filtra attraverso la sottile atmosfera di un pianeta in transito di fronte alla sua stella... il tutto a decine o centinaia di anni luce da noi osservatori.
A questo si deve sommare un'analisi spettroscopica di quella debole luce che ci permette di comprendere la composizione e la struttura dell'atmosfera in esame.

Lo studio sul pianeta WASP-43b si è occupato proprio di questo ed ha collezionato risultati senza precedenti.
WASP-43b è un esopianeta distante 260 anni luce nella costellazione del Sestante che, al di là della sua atmosfera, presenta anche altre caratteristiche degne di nota. E' grande come il nostro Giove ( anche se possiede il doppio della sua massa), ma orbita 40 volte più vicino alla sua stella di quanto non faccia Mercurio rispetto al Sole. Proprio questo aspetto lo rende l'esopianeta con l'anno più corto, appena 19 ore!
Appartiene quindi alla categoria dei Gioviani Caldi e, come tutti gli esopianeti prossimi al loro astro, mostra sempre lo stesso emisfero alla sua stella. Quest'ultima caratteristica ha una grossa influenza sul clima del pianeta che presenta un'emisfero perennemente bollente ed uno perennemente glaciale.

Lo studio in questione ha messo in luce che la temperatura dell'atmosfera di WASP-43b decresce lentamente con l'aumentare dell'altitudine ed i due emisferi possiedono temperature marcatamente differenti. I due dati permettono di concludere che sul pianeta non ci sono meccanismi efficienti di rimescolamento delle masse d'aria e quindi della temperatura, che passa dai 1700°C diurni ai 500°C notturni. Questo risultato è stato possibile grazie alla camera WFC3 a bordo di Hubble, che ancora una volta, dopo 22 anni, dimostra il suo incommensurabile valore.
Altro dato interessantissimo è stato il rilevamento di vapore acqueo nell'atmosfera planetaria e la sua distribuzione. Il pianeta è così caldo che tutta l'acqua è in forma di vapore e non condensa in nubi ghiacciate come sul nostro Giove.
La mappatura termica dell'atmosfera di WASP-43b è stata possibile grazie al monitoraggio continuo del pianeta nell'arco di ben 3 anni... ovvero 4 giorni terrestri!


1.10.14

DUE PIANETI: UNO PER OGNUNA DELLE STELLE DI UN SISTEMA BINARIO!

Per la prima volta sono stati scoperti due pianeti appartenenti al medesimo sistema stellare binario, orbitanti ognuno attorno ad una stella. Si tratta dunque di 'pianeti cugini' appartenenti allo stesso sistema stellare.
Il sistema stellare è noto come WASP-94, con le rispettive stelle WASP-94A e WASP-94B separate da 15"( 2700 UA ) e distanti circa 500 anni luce da noi.
I due pianeti extrasolari scoperti ( denominati WASP-94A b  e  WASP-94B b ) appartengono a pieno titolo all'affollata categoria degli Hot Jupiters, completando la loro rivoluzione in pochi giorni. Si tratta dunque di pianeti giganti gassosi estremamente caldi a causa della loro estrema vicinanza alla stella: WASP-94A b orbita a 0,05 UA in 4 giorni e WASP-94B b orbita a 0,03 UA in 2 giorni terrestri.
La scoperta del pianeta WASP-94A b è stata possibile utilizzando l'assai proficuo metodo del transito, ma quella del secondo pianeta ( non transitante davanti alla sua stella a causa di una differente inclinazione del suo piano orbitale rispetto al nostro ) è avvenuta in maniera indiretta analizzando le perturbazioni gravitazionali indotte sul suo astro a causa della sua presenza.
Grazie alla luminosità delle due stelle del sistema binario e alle dimensioni dei due pianeti, questi ultimi potranno essere studiati in maniera più approfondita per poterne caratterizzare al meglio la composizione atmosferica. Proprio questo studio ci permetterà di comprendere il luogo della loro formazione all'interno del sistema ed il perchè i due siano ora così vicini alla loro stella.

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22.9.14

KEPLER-101: PRIMA I GRANDI.

In questo blog abbiamo parlato moltissime volte delle 'stranezze' in materia di sistemi planetari.... e oggi siamo pronti ad aggiungerne un'altra! Naturalmente per 'stranezza' si intende una configurazione assai diversa rispetto a quanto il nostro sistema solare ci ha abituato.
A questo proposito sta per essere pubblicata una ricerca condotta sul sistema planetario orbitante attorno alla stella Kepler-101, una stella ricca di metalli ed un po' più vecchia del Sole distante 3230 anni luce.
La vera novità è che per la prima volta è stato osservato un sistema planetario in cui il pianeta più grande è anche il più vicino alla sua stella, seguito da uno di massa terrestre posto su un'orbita più ampia.
La caratterizzazione del sistema è stata possibile grazie al lavoro di squadra condotto da Harps-N, al lavoro sul Telescopio Nazionale Galileo, ed il telescopio spaziale Kepler. Il primo ha acquisito 40 misure precise della velocità radiale ed il secondo ha raccolto i preziosissimi dati fotometrici. Il frutto di questo lavoro combinato ha permesso di confermare che attorno a Kepler-101 orbitano due pianeti: Kepler 101b e Kepler 101c.
I due pianeti erano stati scoperti precedentemente da Kepler col metodo del transito: questo metodo però ci permette di conoscere solamente la dimensione ed il periodo orbitale. Per comprendere con buona approssimazione la struttura e la composizione di un pianeta, il dato della massa è fondamentale ed è ottenuto dalle rilevazioni della velocità radiale.

Transito di Kepler-101b
Kepler 101b è un pianeta di taglia intermedia tra il nostro Nettuno ed il nostro Saturno e risulta ora il meglio studiato della sua categoria. Gli studi approfonditi appena condotti hanno messo in luce una struttura interna composta per il 60% da elementi pesanti, grazie alla possibilità di calcolarne la massa ( derivata dai dati spettroscopici di Harps-N ). Il pianeta orbita a 0.05 UA dalla sua stella in 3,5 giorni e quindi rientra all'interno della categoria dei 'nettuniani caldi'.
Transito di Kepler-101c

Kepler 101c è una superTerra con una massa massima stimata in 4 volte quella del nostro pianeta che orbita in 6 giorni a 0,07 UA.


Ma la configurazione di questo anomalo sistema planetario pone anche diverse domande sulla sua origine: come si è giunti alla situazione osservata oggi? Gli astronomi autori della scoperta sono convinti che il tutto si sia generato dall'effetto combinato della migrazione planetaria e dell'interazione dei due pianeti col disco protoplanetario originario. La possibilità di osservare, come Kepler, i transiti dei due pianeti di fronte alla loro stella, avvalora questa ipotesi. Secondo questa teoria il pianeta nettuniano si sarebbe formato su un'orbita più esterna di quella del pianeta terrestre, ma decadendo dalla sua orbita lo avrebbe sorpassato senza danni per quest'ultimo, posizionandosi stabilmente sull'orbita odierna.

18.8.14

ALLA RICERCA DELLE ESOLUNE...ASCOLTANDOLE.

In questo blog abbiamo parlato più volte delle esolune e abbiamo accennato alla difficoltà insita nella loro scoperta,
Un'esoluna è una luna che orbita attorno ad un pianeta appartenente ad un sistema stellare diverso dal nostro. Il nostro sistema solare conta centinaia di lune più o meno grandi che orbitano attorno a gran parte dei pianeti e dei pianeti nani. Negli ultimi decenni sono state scoperte lune ed anelli orbitanti addirittura attorno ad asteroidi. 
Ma allora perchè non siamo riusciti a scoprire un'esoluna attorno ad almeno uno degli oltre 1800 pianeti extrasolari oggi noti? Beh, c'è indubbiamente un problema di distanze e di risoluzione strumentale. Scoprire una luna all'interno del nostro sistema solare è tutto sommato facile in quanto ci separano 'solamente' milioni o miliardi di km, ma quando sono gli anni luce ( decine di migliaia di miliardi di km)  ad interporsi tra noi ed altri sistemi planetari le cose cambiano di molto.
Dei 1800 pianeti oggi noti solo una piccolissima frazione è stata osservata e fotografata direttamente, la quasi totalità è stata scoperta grazie a metodi indiretti che evidenziano gli effetti gravitazionali e le variazioni luminose periodiche che essi provocano sulla loro stella. Immaginate quindi quanto può essere difficile scovare una luna, spesso centinaia o migliaia di volte più piccola e debole del pianeta attorno a cui orbita.
Al momento nessuno ha annunciato ufficialmente la scoperta di una esoluna, ma moltissimi team di astronomi si stanno dando da fare per raggiungere lo scopo.
L'importanza della scoperta di lune extrasolari è immensa: moltissimi pianeti gassosi sono posti nella zona abitabile della loro stella ma non sono in grado di ospitare forme di vita come le conosciamo noi e dunque andare a guardare sulle eventuali lune in orbita è un passo logico, una 'seconda possibilità'. Esattamente come accade per Giove ed Europa o Saturno ed Encelado nel nostro sistema solare.

Un team di astronomi ha studiato a fondo il prodotto dell'interazione tra una grande luna ed un pianeta gigante gassoso del nostro sistema solare ed è convinto di poter fare lo stesso con altri sistemi planetari al fine di scovare la prima esoluna. L'accoppiata presa in esame è quella costituita dal pianeta Giove e dalla sua luna Io. Ciò che si è andati a vedere è l'interazione che si crea quando la ionosfera di Io interagisce con la magnetosfera di Giove, generando una una corrente d'attrito tale da rendere plasma il gas presente in quell'area. Il plasma è costituito da gas ad altissima temperatura che emette anche nella banda radio dello spettro elettromagnetico. Un innovativo metodo indiretto per raggiungere lo scopo. I nuovi radiotelescopi dovrebbero essere in grado di 'sentire' le esolune poste entro una ventina di anni luce dalla Terra.
Sono già stati scelti i primi due pianeti da ascoltare alla ricerca di eventuali lune: si tratta di Gliese 876b ( posto a 15 anni luce ) e di Epsilon Eridani b ( distante 10.5 anni luce ).

6.7.14

IL PRIMO PIANETA TERRESTRE NELLA FASCIA DI ABITABILITA' DI UN SISTEMA BINARIO

Come la storia della caccia ai pianeti extrasolari ci insegna, dopo un pianeta con il suo sole si scopre un
pianeta con i suoi due soli. Ed ecco che, aggiungendo alla storia l'aggettivo 'abitabile', la scoperta è fatta. Questo è l'andamento delle scoperte, ma ovviamente il lavoro che sta dietro una scoperta del genere è a dir poco incredibile: a renderlo ancora più complicato è la presenza della seconda stella che con il suo segnale disturba pesantemente la rilevazione del pianeta.
Combinando la raffinata tecnica del microlensing gravitazionale con un pizzico di fortuna e l'avanguardia della tecnologia in campo di rilevazione dei pianeti extrasolari è stato scoperto e studiato OGLE-2013-BLG-0341LBb : il primo pianeta terrestre posto nella zona abitabile del sistema stellare doppio che lo ospita.

Il sistema stellare doppio in questione è posto a circa 3000 anni luce dalla Terra ma l'evento che ha permesso di scovare il prezioso pianeta è avvenuto grazie ad un fortunato allineamento prospettico con una debole stella posta a ben 20000 anni luce da noi, nella costellazione del Sagittario.
Il pianeta ha una massa pari a circa due volte quella terrestre ed orbita attorno ad una delle due stelle del sistema a circa 90 milioni di km ( la Terra dista dal Sole poco meno di 150 milioni di km). La minore distanza dalla stella però non è sintomo di surriscaldamento del pianeta: l'astro infatti è 400 volte più debole del Sole (10-15% della massa solare) e la sua compagna è ancora più debole. Quest'ultima rivoluziona attorno al sistema pianeta-stella ad una distanza paragonabile a quella che separa Saturno dal Sole. Questa condizione fa si che sul pianeta i modelli registrino temperature glaciali, nell'ordine dei -210°C, paragonabili a quelle presenti sulla superficie di grandi lune ghiacciate come Europa, Encelado e Ganimede. A differenza di queste ultime però, con ogni probabilità, il pianeta è in grado di mantenere un'atmosfera più o meno densa e spessa che potrebbe riscaldare di parecchio la superficie del pianeta portandolo potenzialmente a temperature molto più miti.

La scoperta è di grande rilevanza in quanto amplia di molto il concetto di zona di abitabilità, includendo anche i sistemi stellari binari che legano il 70% delle stelle presenti nella nostra Galassia. In particolare risulta insolito, rispetto ad altri sistemi planetari circumbinari noti, che il pianeta orbiti attorno ad una sola delle due stelle che comunque risultano essere un sistema binario stretto vista la vicinanza tra le due ( 10-15 UA ).


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26.6.14

GLIESE 832c : UNA VICINISSIMA TERRA GEMELLA?

Come vedete, seguendo questo blog, il numero di pianeti terrestri noti posti nella zona abitabile del loro sistema sta crescendo di mese in mese senza sosta. Sempre più piccoli, sempre più numerosi e più vicini alla Terra, questi preziosi pianeti sorprendono per le loro caratteristiche e le loro peculiarità.
Il nome dell'ultimo arrivato è Gliese 832c, un pianeta terrestre distante solo 16.1 anni luce. Si tratta del pianeta più vicino considerato adatto alla vita oggi conosciuto.
Il pianeta "c" non è solo nel suo sistema: è accompagnato da un pianeta gigante gassoso posto su un'orbita molto più esterna che completa in 9 anni.
Entriamo nel merito delle caratteristiche di questo importantissimo pianeta e della sua stella.
L'astro attorno a cui orbita è una nana rossa posta nella costellazione della Gru con massa e raggio pari alla metà di quelli del nostro Sole; dunque una stella più fredda e meno luminosa del nostro astro.

Gliese 832c possiede una massa stimata in 5.4 masse terrestri ed orbita a 0.162 UA dalla sua stella, rivoluzionando in soli 35.7 giorni su un'orbita leggermente ellittica.
Considerando la minor luminosità della stella e la vicinanza dell'orbita planetaria all'astro si conclude che il pianeta rientra nella zona abitabile del suo sistema e dunque il pianeta, che è roccioso, può essere considerato adatto alla presenza di vita (come la conosciamo noi) e presumibilmente ospitante acqua liquida in superficie.
Gliese 832 c possiede un ESI ( Earth Similarity Index ) pari a 0.81, molto elevato considerato che la Terra è pari a 1 per definizione. Questo dato lo rende il terzo pianeta più simile alla Terra oggi noto.

Da approfondire sono però gli aspetti climatici. I modelli suggeriscono un'intensa copertura nuvolosa che farebbe somigliare il pianeta più a Venere che alla Terra, con tanto di temperature proibitive sulla superficie generate da un potente effetto serra. Su questo punto però non esistono prove reali ed attualmente l'unica certezza rimane la sua fortunata collocazione all'interno della zona abitabile.
La sua orbita (a= 0.163 UA) comunque non è perfettamente centrata all'interno della zona abitabile conservativa del sistema (compresa tra 0.130 - 0.237 UA) risultando posta verso il suo limite interno: paragonata al sistema solare la sua orbita risulterebbe posta a metà strada tra quella di Venere e quella della Terra.


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10.6.14

ANTICHISSIMO, VICINISSIMO E ....ADATTO ALLA VITA?

Un team internazionale di astronomi ha appena annunciato la scoperta di due nuovi pianeti in orbita attorno ad una delle stelle più vicine al Sole. La storia di questo sistema planetario è davvero avvincente.

Kapteyn's Star (HD 33793)
Cominciamo con l'astro di questo sistema, la famigerata Kapteyn's Star, una nana rossa scoperta dall'astronomo tedesco Jacobus Kapteyn verso la fine dell'Ottocento.
Vista dalla Terra questa stella possiede il moto proprio più elevato dopo la stella di Barnard ed è visibile attraverso strumenti amatoriali in direzione della costellazione australe del Pittore. Si tratta infatti della 25esima stella più vicina al Sole, a soli 12,76 anni luce da noi.
Moto proprio della stella
La stella appartiene all'alone galattico, che raggiunge agli estremi della sua orbita particolarmente ellittica. Proprio quest'ultima condizione l'ha fatta associare all'ammasso globulare (?) di Omega Centauri, distante 16000 anni luce e probabilmente costituito dall'antichissimo nucleo di una piccola galassia fusasi con la nostra e composto da centinaia di migliaia di antichi soli (11,5 miliardi di anni).
Gli astronomi avevano già notato alcune irregolarità nei dati acquisiti fino a quel momento, decidendo quindi di indagare più a fondo su quella stella. I dati fino ad allora in possesso indicavano la possibile presenza di pianeti a corto periodo ( quindi molto vicini alla stella ), ma le ultime rilevazioni hanno identificato un segnale chiaro e distinto.
Il pianeta Kapteyn b, una superterra di 4,5 masse terrestri con un periodo di rivoluzione di 48 giorni ( 0.168 UA) , potrebbe addirittura ospitare l'acqua in forma liquida sulla sua superficie. 
Kapteyn c, con i suoi 121 giorni di rivoluzione ( 0,311 UA) ed una massa pari a 7 masse terrestri, è ritenuto troppo freddo per ospitare l'acqua in forma liquida.
Al momento sono note solamente tre proprietà dei pianeti: distanza dalla stella, massa approssimata e periodo orbitale. Si sospetta una risonanza orbitale 5:2 tra i due pianeti.
Si attende una caratterizzazione più accurata ed uno studio approfondito della loro atmosfera.
Intanto è affascinante soffermarsi su un punto: appartenendo all'associazione di Omega Centauri la Kapteyn's Star ed i suoi pianeti dovrebbero possedere un'età pari a circa 11.5 miliardi di anni, ovvero 2,5 volte l'età della Terra e l'85% dell'età dell'intero Universo. Se Kapteyn b risultasse effettivamente abitabile ( o abitato ) chissà che tipologie di forme di vita potremmo trovare su un pianeta che ha avuto quasi tutto il tempo dell'Universo per evolversi e far evolvere la vita.



3.6.14

CONTO ALLA ROVESCIA PER LA FINE DI DUE MONDI

Nonostante l'ormai elevato numero di pianeti extrasolari oggi noti, dopo la scoperta di un nuovo mondo il suo studio non termina con una banale annotazione sull'elenco...anzi, il gioco deve ancora cominciare.
Per due mondi però la partita è già persa in partenza a causa della prossimità dei due alla loro irrequieta stella.
La stella in questione è Kepler-56, un astro in transizione dalla condizione solare a quella di gigante rossa, distante 2800 anni luce in direzione costellazione del Cigno.
Naturalmente questo cambiamento strutturale da parte della stella comporta una rapida espansione degli strati superficiali verso l'esterno moltiplicando di svariate volte le sue dimensioni iniziali.
Attorno ad essa il telescopio orbitale Kepler ha scoperto 3 pianeti: Kepler-56b, Kepler-56c e Kepler-56d.
Il terzo, un gigante gassoso con un periodo orbitale pari a 3.3 anni terrestri, è talmente lontano da assicurarsi una lunga sopravvivenza. Ma che dire dei due pianeti più interni del sistema?
Il più vicino, il pianeta b  (superterra), orbita attorno alla sua stella in 10.5 giorni ed il suo compagno, il pianeta c (nettuniano), in 21.4 giorni. Questo brevissimo anno ha come conseguenza l'estrema vicinanza dei due mondi alla stella, tanto che entrambe le orbite sarebbero all'interno dell'orbita tracciata dal nostro Mercurio. Un fatto non positivo se la stella attorno a cui si orbita è in rapida espansione.
Prima di parlare del loro fato è interessante soffermarsi su un'altra peculiarità che contraddistingue questo sistema nella sua totalità: l'inclinazione del  piano orbitale dei tre pianeti. Questa scoperta risultò del tutto inaspettata in quanto il sistema planetario si formò dalla stessa nube primordiale della stella e dunque le orbite planetarie avrebbero dovuto essere complanari tra loro e rispetto all'equatore stellare. Dai calcoli effettuati risultò invece una rispettiva inclinazione di 79.64° per il pianeta b, 81.93° per il pianeta c e circa 55° per il pianeta d.
Quanto detto finora non è una novità, succede ogni volta che una stella di tipo solare raggiunge la fase successiva di gigante rossa ed anche tra i pianeti extrasolari oggi noti abbiamo degli esempi. La vera novità è che per la prima volta al mondo è stata calcolata la 'data di morte' di questi due pianeti, ovvero il tempo che gli rimane da 'vivere'. Kepler-56b sarà ancora tra noi per 130 milioni di anni mentre Kepler-56c per poco di più, 155 milioni di anni. A noi sembra tanto tempo, ma in termini planetari e cosmologici è un battito di ciglia.

L'espansione della stella, già quadruplicatasi, ingloberà le orbite dei due pianeti non prima di averli 'maltrattati' per qualche milione di anni. Prima di essere fagocitati i due pianeti subiranno intense onde di marea generate dall'espansione stellare e la progressiva evaporazione della loro atmosfera. In quest'ultimo periodo si comporteranno in maniera molto simile alle comete al periastro: durante la rivoluzione lungo la sua orbita il pianeta perderà la sua atmosfera in evaporazione dietro di sè analogamente ad una cometa. Ma non finisce qui: oltre alla perdita dell'atmosfera, la superficie raggiungerà temperature di migliaia di gradi centigradi, liquefacendosi. Prima della distruzione totale causata dall'inclusione nella stella, il pianeta, da sferico, assumerà una forma ellissoidale sempre più accentuata a causa dell'intensa attrazione gravitazionale della stella ormai prossima.

KEPLER-10c : IL PIU' GRANDE DELLA SUA CLASSE

Quello di cui parleremo oggi è un altro record legato 
ad una tipologia di pianeti extrasolari estremamente ricercati e studiati dagli astronomi: i pianeti terrestri. Si tratta di pianeti rocciosi simili per dimensioni, massa e composizione alla nostra Terra. 
Il detentore del record è Kepler-10c, un pianeta che ha rimesso in discussione questa semplicistica definizione.
Lo spettrometro HARPS-N (il più sofisticato al mondo) indaga le stelle e gli esopianeti presenti nella stessa porzione di cielo osservata dalla celeberrima sonda Kepler, cercando di caratterizzare al meglio delle possibilità i pianeti extrasolari oggi noti. 
Continui ed approfonditi studi su Kepler-10c hanno permesso allo spettrometro di ridefinire le proprietà del pianeta, lasciando sconcertata la comunità astronomica. 

Scoperto il 23 maggio 2011 dalla sonda Kepler ed orbitante a circa 560 a.l. attorno ad una stella della costellazione del Drago, il pianeta venne descritto come roccioso e di dimensioni pari a 2,3 volte quelle della nostra Terra, rientrando a pieno titolo nella categoria delle Superterre. 
I nuovi studi hanno permesso di affermare che il pianeta presenta una densità (7.1± 0.1 g/cm3) ed una composizione analoga a quella terrestre. Quello che però stupisce e rende unico questo mondo è la massa: il pianeta pesa ben 17 masse terrestri!
Gli astronomi non ritenevano possibile la formazione di pianeti rocciosi di tale massa: gli unici pianeti noti così massivi rientravano nella categoria dei pianeti nettunani.
Kepler-10c orbita in 45 giorni e 8 ore (0,24 UA) attorno ad una stella di tipo solare estremamente vecchia: ben 11 miliardi di anni ( contro i 5 del nostro Sole). Ciò significa che la stella ed il suo sistema planetario si sono formati quando l'universo possedeva solo 3 miliardi di anni. Questo dato rimette in discussione tutte le conoscenze legate alle stelle di quel giovane universo, la prima generazione di stelle in assoluto. Fino ad oggi si riteneva che un universo così giovane possedesse in massima parte solo idrogeno, elio e pochi elementi più pesanti, ma questa visione deve essere ridiscussa in quanto evidentemente possedeva già tutti gli elementi complessi che permisero la formazione di un pianeta analogo (per composizione) alla Terra. In altre parole, la prima generazione di stelle presenti nell'universo aveva già abbondantemente prodotto quegli elementi dopo soli 3 miliardi di anni dal Big Bang .
Un'altra prova a favore della composizione rocciosa del pianeta è la combinazione dell'età e della temperatura superficiale del pianeta. La 'data di nascita' è settata a 11 miliardi di anni fa e la temperatura si aggira attorno ai 584 K ( 311°C ): un pianeta così vecchio e così caldo non riuscirebbe a mantenere in alcun modo conosciuto un'atmosfera di idrogeno ed elio, facendo tramontare l'ipotesi di un pianeta gassoso.

All'interno del sistema planetario della stella Kepler-10, oltre al super-pianeta, l'omonimo telescopio aveva già scoperto un mondo incandescente di 3 masse terrestri che rivoluzionava attorno alla sua stella in sole 20 ore.
In un colpo solo questo pianeta ha rimesso in discussione la teoria sulla formazione dei pianeti terrestri, quelle riguardanti il periodo di formazione dei primi sistemi planetari nell'universo ed infine quella che cerca di studiare la prima generazione di stelle. Non meno importante è il suo contributo nell'aver ampliato la lista delle tipologie di pianeti adatti alla ricerca della vita: non bisognerà più escludere a priori un pianeta di tale massa da queste ricerche ( non prima di averne accertato la rocciosità e la sua collocazione all'interno della zona di abitabilità).

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16.5.14

CALCOLATA PER LA PRIMA VOLTA L'ORBITA DI UN ESOPIANETA

Le scoperte ed i record legati al pianeta β Pictoris b sono ormai numerosissime, ma ancora una volta questo esopianeta fa parlare di sè.
Utilizzando il Gemini South, uno dei telescopi più potenti al mondo, accoppiato con il Gemini Planet Imager ( il top in materia di fotografia diretta di esopianeti ), gli astronomi hanno osservato il pianeta muoversi gradualmente lungo la sua orbita. Si tratta del primo calcolo dell'orbita per un esopianeta grande 'solamente' 4 volte il nostro Giove e posto ad appena 8 unità astronomiche dalla sua stella: un risultato incredibile.
L'orbita su cui rivoluziona il pianeta è incastonata nel densissimo ( gas, polveri e detriti ) ed esteso ( oltre 3000 UA di diametro ) disco protoplanetario che circonda la stella.  β Pictoris è infatti una stella giovanissima, 12 milioni di anni contro i 4,6 miliardi del nostro Sole, ed il suo pianeta non è da meno: si tratta infatti di un gigante gassoso in fase di raffreddamento dopo la sua formazione. Questa condizione, unita alla vicinanza della stella (63,4 anni luce), rende il sistema di β Pictoris un laboratorio naturale quasi unico in cui gli astronomi possono appendere i segreti della formazione planetaria quasi in tempo reale.
Secondo il nuovo studio, il pianeta orbiterebbe attorno alla sua stella in 17-21 anni terrestri. Un transito del pianeta sulla sua stella si sarebbe verificato nel 1981: se fosse confermato, il raggio del pianeta risulterebbe pari a 2-4 volte quello di Giove e quindi minore di quanto atteso dai modelli teorici. Questa discrepanza potrebbe essere spiegata con la presenza di un sistema di anelli o di una o più lune in formazione attorno al pianeta.

Il Gemini Planet Imager ha permesso di ottenere una nitidissima immagine del pianeta in meno di un minuto, grazie all'incredibile sensibilità e capacità di contrasto (superiore di un fattore 10 rispetto alla migliore camera al mondo) e all'interfaccia con il sistema di ottiche adattive all'avanguardia implementato sul telescopio da 8 metri Gemini South.

Recentissimamente  β Pictoris b è stato studiato approfonditamente dal VLT che è riuscito per la prima volta a calcolare la velocità di rotazione di un mondo alieno.

Grazie agli ultimi approfonditi studi sull'orbita del pianeta gli astronomi sono stati in grado di stabilire che verso la fine del 2017 potrebbe esserci una piccola probabilità di transito (4%) di fronte alla sua stella: un'occasione da non perdere che ci permetterebbe di calcolare con precisione le dimensioni del pianeta e studiare in dettaglio la composizione chimica della sua atmosfera.

14.5.14

GU Psc b : ....OTTANTAMILA DI QUESTI ANNI!

Il nuovo arrivato è GU Psc b : nuovo esopianeta, nuovo record.
Si tratta di un esopianeta gigante distante circa 155 anni luce ed orbitante attorno alla stella GU della costellazione dei Pesci; risulta essere l'unico pianeta scoperto durante uno studio su una novantina di astri tutti appartenenti ad una comune corrente stellare nota come AB Doradus. La corrente è costituita da un gruppo di stelle giovanissime ( età media 100 milioni di anni ) su cui gli astronomi si sono concentrati per scovare dei pianeti in quanto sperano di trovare pianeti giovani e dunque particolarmente brillanti nell'infrarosso.
Gli astronomi sono riusciti a fotografarlo direttamente grazie alla sua incredibile peculiarità: orbita a ben 2000 unità astronomiche dalla sua stella ( ovvero 2000 volte la distanza Terra - Sole: circa 300 miliardi di km )!
 La distanza dall'astro è tale che il suo anno dura ben 80.000 anni terrestri e, osservato dalla Terra, il pianeta dista 42" dalla sua stella!

E' stato quindi possibile analizzare la luce proveniente direttamente dal pianeta potendo quindi stabilire la temperatura superficiale, risultata essere di circa 800°C. Dall'età della stella (100±30 My ) e dalla posizione di quest'ultima all'interno della corrente si è potuta stimare la massa del pianeta, compresa tra le 9 e le 13 masse gioviane, e la sua età compresa tra 70 e 130 milioni di anni. L'analisi spettrale della luce proveniente dal pianeta ha anche permesso di comprenderne la composizione atmosferica rivelando tracce di acqua e metano.

Gli autori della scoperta ritengono che, nonostante l'enorme distanza che separa la stella da suo pianeta, questo si sia formato normalmente nel disco protoplanetario ed in seguito sia migrato verso l'esterno del sistema a seguito di un interazione con un oggetto particolarmente massivo presente nel sistema passato nelle sue vicinanze ( anche se, per ora, ancora non se ne ha ancora traccia ).

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1.5.14

β PICTORIS b : MISURATA PER LA PRIMA VOLTA LA DURATA DI UN GIORNO ALIENO.

Di quasi tutti i pianeti extrasolari oggi noti conosciamo con grande precisione la durata dell'anno ( ovvero il loro tempo di rivoluzione attorno alla stella ), ma fino ad ora nessuno era stato in grado di calcolare la durata del giorno ( ovvero il periodo di rotazione attorno al proprio asse ).

Il Very Large Telescope (VLT) dell'ESO ha provveduto a colmare la lacuna con una storica osservazione condotta su uno dei pianeti extrasolari più studiati, conosciuti e fotografati: Beta Pictoris b. 
Le rilevazioni hanno permesso di stabilire che su Beta Pictoris b un giorno dura 8,1 ore e la velocità di rotazione equatoriale del pianeta è circa 100.000 km/h. La Terra possiede un giorno 3 volte più lungo ed una velocità di rotazione pari a 1674,4 km/h, pur essendo 3000 volte meno massiccia e 16 volte più piccola dell'esopianeta in questione. Pare proprio che la teoria secondo cui i pianeti giganti gassosi ruotino più velocemente sia vera anche per i pianeti extrasolari.
Ma come è stato possibile conoscere la velocità di rotazione di un esopianeta se ancora non siamo in grado di risolverne il disco ed osservarne quindi la superficie? Una tanto nuova quanto sofisticata tecnica, nota come spettroscopia ad alta dispersione, è riuscita nell'intento. La tecnica prevede l'analisi della luce proveniente dal pianeta: essa viene scomposta nei suoi colori costitutivi (corrispondenti a diverse e precise lunghezze d'onda) ed analizzata considerando l'effetto Doppler. Quest'ultimo ha permesso di rilevare la variazione delle singole lunghezze d'onda esaminate mostrando come diverse parti del pianeta ruotino con velocità diverse in direzione dell'osservatore o opposta. L'effetto Doppler lega la variazione della lunghezza d'onda della luce ad una variazione nella posizione dell'oggetto generante la luce analizzata: la lunghezza d'onda aumenterà (blueshift) in caso di avvicinamento o diminuirà (redshift) in caso di allontanamento dall'osservatore. In questo caso la variazione della lunghezza d'onda analizzata è causata dal movimento dell'atmosfera (parte in direzione dell'osservatore e parte in senso contrario), prova della rotazione del pianeta attorno al proprio asse. Per ottenere questo prezioso segnale dal pianeta si è dovuta eliminare del tutto la pesante interferenza luminosa della stella madre. 
Beta Pictoris, distante 63,4 anni luce, è una stella della costellazione australe del Pittore ed il suo giovanissimo pianeta ( 20 milioni di anni appena ) rivoluziona a 8 UA dal suo astro. L'orbita dell'esopianeta è immersa nel vastissimo disco di polveri che circonda la stella.
Attualmente Beta Pictoris b è il pianeta con la velocità di rotazione maggiore, superando di gran lunga i periodi di rotazione dei pianeti del sistema solare.

30.4.14

NUOVA STELLA ULTRAFREDDA O PIANETA GIGANTE ESPULSO?

L'Universo ci regala una nuova incredibile scoperta....poco oltre il cortile di casa nostra! Un nuovo vicino del Sole da aggiungere alle mappe ed alla lista degli oggetti celesti più esotici finora scoperti.
Un astronomo della Pennsylvania State University, utilizzando il Wide-field Infrared Survey Explorer ( WISE ), ha scovato il nuovo oggetto distante solamente 7,2 anni luce dal Sole.
Per intenderci, il sistema stellare più vicino al Sole è quello triplo di Alfa Centauri ( A, B e Proxima) posto a 4,36 a.l. da noi.
Il nuovo corpo celeste in questione risulta essere la nana bruna più fredda mai scoperta, con una temperatura superficiale simile a quella presente ai poli terrestri e compresa tra i -48°C e -13°C ! Nel recente passato sono state scoperte altre nane brune con temperature massime di 20°C, ma nessuna mai così fredda come l'ultima arrivata.
Ma cos'è una nana bruna? Si tratta di una stella troppo piccola per innescare al suo interno le reazioni termonucleari per bruciare l'idrogeno e troppo grande per essere considerata un pianeta a pieno titolo. Vengono infatti chiamate 'stelle mancate'.
WISE J085510,83-071442.5, questo il nome dell'oggetto celeste, presenta una massa compresa tra le 3 e le 10 masse gioviane. Questo dato le attribuirebbe un primato: si tratterebbe della nana bruna più piccola mai scoperta. Ma l'ipotesi più affascinante è quella che si possa trattare di un pianeta gigante gassoso espulso miliardi di anni fa dal nostro sistema planetario ed ora vagante nello spazio profondo. Sarebbe il primo esempio di "pianeta solare extrasolare" ! A favore di questa teoria va segnalato che nel primo miliardo di anni di vita del nostro sistema solare vi erano decine, se non centinaia, di planetoidi che vennero espulsi dal sistema solare a seguito della formazione dei giganti gassosi e della successiva stabilizzazione delle orbite.
La vicinanza dell'oggetto è risultata chiara dalle foto scattate all'oggetto col passare del tempo, foto che hanno reso evidente un notevole spostamento rispetto alle stelle lontane sullo sfondo ( stimato in 8"/ anno). Inoltre l'oggetto sarebbe stato invisibile ai telescopi ottici e dunque per scovarlo WISE ha scandagliato il cielo nell'infrarosso anche tre volte, rilevando il debole bagliore termico della stella mancata. Già presente in scatti del 2010 ( la sua presenza è stata notata a posteriori), osservazioni successive del 2013 già resero evidente lo spostamento, fino alla conferma tramite le ultime osservazioni del gennaio 2014. Grazie alle
osservazioni del 2013 venne scoperta anche una coppia di nane brune situate a 6,5 anni luce da noi, divenute il terzo sistema stellare più vicino al Sole. WISE J085510,83-071442.5 si colloca al quarto posto.
Si attendono ora ulteriori studi per caratterizzare questo incredibile oggetto e per capire se la sua origine è legata al nostro sistema solare.