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8.6.17

KELT-9b, IL PIANETA PIU' CALDO CONOSCIUTO


Tra queste pagine abbiamo incontrato moltissimi mondi inospitali per i più svariati motivi, ma Kelt-9b detiene un record assoluto in materia di temperatura. 
Il pianeta, quasi 3 volte più massiccio di Giove e 2 volte meno denso, orbita attorno alla stella Kelt-9 (distante 620 anni luce) in appena un giorno e mezzo. La brevità del suo anno va di pari passo con l'estrema vicinanza di questo mondo alla sua stella, due volte più grande e più calda (9.900°C) rispetto al Sole.
Ebbene, questo gigante gassoso viene costantemente investito dalla fortissima radiazione stellare e presenta una temperatura di 4330°C, la più alta in assoluto tra i pianeti extrasolari noti e superiore anche alla maggior parte delle stelle della Via Lattea!


Per intenderci, ha una temperatura appena 1200°C più bassa del nostro Sole. Su Kelt-9b fa talmente caldo che neanche le molecole di acqua, metano ed anidride carbonica possono formarsi. Insomma, nonostante sia caldo come una stella rientra pienamente nei requisiti (dimensione e massa) per essere considerato un pianeta.
L'estrema vicinanza del pianeta alla sua stella lo costringe a mostrare sempre il medesimo
emisfero al suo astro, generando un giorno ed una notte perenni. Ma non solo: l'enorme quantità di radiazione ultravioletta emessa dalla stella rischia di dissolvere il pianeta in poche centinaia di milioni di anni, spazzandone via l'atmosfera e creando una vera e propria coda cometaria rilasciata dal pianeta lungo la sua orbita. Ma è altrettanto possibile che prima di ciò, entro un miliardo di anni, la stella distrugga il pianeta inglobandolo durante la sua fase di gigante rossa. 
In termini astronomici al pianeta non rimane tanto e quel poco che gli rimane non se lo sta vivendo bene.
Nel prossimo futuro Hubble, Spitzer e JWST torneranno ad osservare Kelt-9b per saperne di più e determinare quale sarà la fine di questo pianeta rovente.


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22.6.16

ATTRAZIONE QUASI FATALE?

Il suo nome provvisorio è PTF08-8695 B ed è (molto probabilmente) un giovanissimo pianeta gigante gassoso. Si tratta un candidato in attesa di conferma dal 2012, anno in cui è stato scoperto dal programma Palomar Transient Factory (PTF), attivo presso il Palomar Observatory in California e dedicato allo studio delle sorgenti variabili e transienti in banda ottica.

Situato a 1100 anni luce in direzione della costellazione di Orione, l'esopianeta orbita in sole 11 ore attorno ad una stella di appena 2-3 milioni di anni di età. Questa condizione sottopone il pianeta a sollecitazioni mareali e termiche estreme. Non conoscendo ancora in dettaglio la massa (ragionevolmente stimata in due masse gioviane), si può ipotizzare che il pianeta si sia formato su un'orbita più esterna e che sia progressivamente migrato verso la stella. 

Il team di astronomi che sta studiando questo sistema si è accorto di un eccesso di emissione nella riga H-alfa, evidenza della presenza di atomi di idrogeno ionizzato. Fin qui nulla di ecclatante, se non fosse per l'origine legata a due oggetti distinti del segnale: l'emissione proveniva dalla stella e da un corpo in orbita attorno ad essa.
Ulteriori studi hanno evidenziato il perfetto sincronismo tra il periodo orbitale del presunto pianeta e quello della componente di emissione H-alfa in movimento. Ciò ha permesso di attribuire con certezza all'oggetto in orbita una parte dell'emissione rilevata e, grazie al transito, stimarne la dimensione pari al 3-4% di quella stellare.
Analizzando le variazioni della velocità radiale legate all'eccesso dell'emissione H-alfa proveniente dal pianeta è stato possibile porre un limite superiore alla massa della stella (circa 0,5 volte quella del Sole) e del pianeta (4,5 volte quella di Giove).

Ma le sorprese non terminano qui: com'è possibile che l'emissione H-alfa proveniente dal pianeta sia
intensa quasi quanto quella proveniente dalla sua stella?

Non essendo questo possibile, si ipotizza che l'emissione totale dell'oggetto in orbita non derivi dal solo pianeta ma bensì da un'area ben più ampia. Dunque l'ipotesi più ragionevole è quella che vede un'ingente perdita di atmosfera da parte del giovane pianeta, strappata dall'intensa gravità stellare che la preleva dal pianeta e la fa precipitare sulla superficie stellare. Questo lungo ponte di idrogeno ionizzato sarebbe il responsabile della potente e ben evidente emissione da parte dell'oggetto in orbita attorno alla stella.
Al momento non si conosce ancora il tasso di evaporazione dell'atmosfera dell'esopianeta e quello di trasferimento del gas verso la superficie stellare, quindi non è possibile determinare quanto tempo rimanga al pianeta. Di sicuro la gravità stellare ha preso il sopravvento sull'esopianeta, che non riesce più a trattenere la sua atmosfera.

15.11.15

VENTI EXTRASOLARI

Ormai la risoluzione degli strumenti dedicati alla ricerca ed allo studio dei pianeti extrasolari ha raggiunto altissimi livelli, così come le tecniche ingegnose che gli astronomi utilizzano per ottenere quante più informazioni possibili da questi strani e nuovi mondi.
Per la prima volta un team di astronomi è riuscito a calcolare con precisione la velocità del vento su un pianeta orbitante attorno ad un'altra stella, sia nell'emisfero notturno sia in quello diurno.
La stella in questione è HD 189733 ed è distante circa 63 anni luce dal Sole, in direzione della costellazione della Volpetta. Il pianeta, noto come HD 189733b, appartiene alla categoria degli Hot Jupiters ( pianeti della taglia del nostro Giove ma roventi, in quanto orbitano estremamente vicino alla loro stella): 1250°C di temperatura, 10% più grande di Giove ed un anno che dura appena 2.2 giorni terrestri. Si trova inoltre talmente vicino alla sua stella (0,03 UA - 4.5 milioni di km) da rivolgerle perennemente lo stesso emisfero a causa della potentissima interazione gravitazionale tra i due corpi celesti.
In passato erano già state effettuate misure della velocità del vento su alcuni pianeti extrasolari, ma si tratta di misure statistiche e riguardanti un solo emisfero; mancava dunque una misura precisa e globale dei venti.
In questo studio la velocità del vento è stata misurata indipendentemente su entrambi gli emisferi del pianeta e ciò ha permesso di comprendere la sua reale direzione: da ovest verso est.
La velocità dei venti su HD 189733b ha dell'incredibile, risultando oltre 20 volte maggiore del vento più forte mai misurato sulla Terra: 8690 km/h (2,2 Km/s) dall'emisfero diurno a quello notturno.
Ma come si è arrivati a questa incredibile scoperta?
Partendo dal presupposto che il disco di una stella è più brillante al centro rispetto alle zone periferiche (esattamente come si nota osservando il disco solare...), il sensibilissimo spettrometro HARPS ha osservato il pianeta durante differenti momenti del transito di fronte alla sua stella.
Conseguentemente HARPS ha rilevato una quantità di luce filtrata dall'atmosfera del pianeta differente nei vari momenti del transito: l'atmosfera del pianeta bloccherà più luce stellare in corrispondenza delle zone periferiche del disco stellare, rispetto a quella filtrante durante il transito al centro del disco stellare. Per osservare al meglio il fenomeno è stata osservata la variazione della luce prodotta dal sodio, elemento presente in quantità nell'atmosfera del pianeta e particolarmente adatto allo scopo.
A queste osservazioni si sono sommate quelle che hanno misurato lo spostamento dell'atmosfera del pianeta, verso di noi o nel senso opposto, durante il transito. Tale spostamento, spettroscopicamente assimilabile a quello che fa variare l'intensità del suono di una sirena rispetto ad un ascoltatore fermo e noto come effetto Doppler, ha permesso di calcolare con precisione la velocità dei venti all'interno dell'atmosfera. Il legame tra la luce che filtra attraverso l'atmosfera ed il movimento dell'atmosfera stessa secondo l'effetto Doppler è molto stretto: tale luce sarà un po' più blu (frequenza maggiore) se l'atmosfera ruota verso di noi ed un po' più rossa (frequenza minore) se l'atmosfera ruota in senso opposto a noi, cioè verso la stella.
In definitiva, si è utilizzata la differenza di frequenza della luce nei due casi precedenti per comprendere la velocità dei venti di HD 189733b.
Il team si augura di poter utilizzare questo metodo su molti altri esopianeti giganti (per fare pratica ed affinarlo), per poi utilizzarlo anche per esopianeti terrestri.

Il pianeta in questione è famoso anche per numerosi altri motivi: sappiamo con certezza il suo colore reale (2013), è stato il secondo mondo extrasolare su cui è stata rilevata acqua  (2007), il primo su cui
è stato rilevato il metano (2008), seguito da CO2 e CO (2008). E' anche il primo pianeta extrasolare di cui si è ottenuta una mappa termica superficiale, il primo osservato nei raggi X, il secondo di cui è stato calcolato il tasso di evaporazione atmosferica.


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25.6.15

GJ 436b : UN PIANETA CON LA CODA

Osservare il cielo in differenti 'luci', ovvero utilizzando differenti bande dello spettro elettromagnetico, ci permette di vedere ciò che i nostri occhi non sono in grado di mostrarci. Infatti l'occhio umano percepisce solo una piccolissima parte dello spettro elettromagnetico, la luce visibile, tralasciando oltre il 90% delle rimanenti frequenze che spaziano dai raggi gamma alle onde radio. In astronomia, per colmare questa limitazione biologica, sono stati costruiti appositi telescopi che indagano l'universo in quelle particolari frequenze ( radiotelescopi, telescopi ultravioletti ed infrarossi, telescopi gamma e microonde).
Applicando questo principio nella ricerca di pianeti extrasolari si possono osservare proprietà particolari di questi mondi che il semplice transito di fronte alla stella o l'interferenza gravitazionale non mostrerebbero. Una di queste proprietà è la caratterizzazione delle atmosfere planetarie: struttura, emissioni e temperatura.
Rivolgendo l'attenzione di Hubble sulla stella GJ 436, una nana rossa distante 33,5 anni luce da noi, è stata evidenziata una discrepanza tra l'osservazione nel visibile e quella nell'ultravioletto.
Si conosceva già la presenza in questo sistema di un pianeta di taglia nettuniana, denominato GJ 436b, su cui era stata osservata addirittura la presenza di nuvole composte in massima parte da elio. La recente osservazione multibanda ha però aggiunto un nuovo tassello al puzzle: il pianeta si sta comportando come una cometa.
Ciò significa che la sua spessa atmosfera sta evaporando, in questo caso al ritmo di 1000 tonnellate al secondo, lasciando dietro di se un'immensa scia di idrogeno lunga 50 volte il diametro della stella.... proprio come fa una cometa in prossimità del sole.
Il pianeta, estremamente vicino alla sua stella tanto da completare il suo anno in 2 giorni terrestri e mezzo, satura la sua orbita con questa coda di atomi di idrogeno che viene rinforzata ad ogni passaggio.

Parliamo di dimensioni. Durante il suo transito di fronte alla stella il pianeta occulta lo 0,69% della luce stellare, ma la sua scia oltre il 56%!
Soffermiamoci un attimo ora sul tasso di evaporazione dell'atmosfera di questo pianeta: 1000 tonnellate al secondo. Ragionando da terrestri è un numero enorme, ma qui parliamo di un pianeta con una massa paragonabile a quella di Nettuno ( 17 volte la massa della Terra). A questo ritmo il pianeta impiegherebbe 1 miliardo di anni per dimagrire solo dello 0,1%!  Inoltre si crede che il pianeta evaporasse molto di più in passato, quando la sua stella non era ancora una nana rossa, e da allora abbia perso fino al 10% della sua atmosfera ( l'età stimata del pianeta è di almeno 6 miliardi di anni).
Si ipotizza quindi che nel passato di sistemi analoghi tale ritmo di evaporazione fosse più elevato, liberando questi pianeti dalla loro spessa atmosfera e spiegando quindi la presenza di numerosi pianeti rocciosi. E' possibile che una vicenda simile sia accaduta anche alla neonata Terra: la sua densa atmosfera primordiale di idrogeno ed elio sarebbe evaporata analogamente a GJ 436b nell'arco di 100-500 milioni di anni a causa del vento e della radiazione solare.

In conclusione, il team autore della scoperta fa sapere che la tecnica di osservazione nell'ultravioletto utilizzata in questo studio potrebbe essere efficace anche nel rilevare oceani in evaporazione su pianeti rocciosi e miti di tipo terrestre. Le molecole d'acqua evaporate da un oceano potrebbero risalire gli strati atmosferici ed essere spezzate dalla radiazione stellare incidente sul pianeta in ossigeno ed idrogeno; quest'ultimo si disperderebbe come una scia alle spalle del pianeta potendo essere quindi rilevato.


26.2.15

KIC 1255b : AGONIA DI UN PIANETA IN DIRETTA.

KIC 12557548 b è un mondo particolarmente vicino alla sua stella: il suo anno dura appena 15,7 ore terrestri. La brevità del suo anno è una diretta conseguenza dell'estrema vicinanza del pianeta al suo astro, condizione che sta determinando la distruzione rapida e progressiva del pianeta.
Le osservazioni, condotte con l'ULTRACAM montata sul William Herschel Telescope, hanno evidenziato una lunga coda di gas e detriti che sta fuoriuscendo dal pianeta e che lo segue lungo la sua rapida orbita. Più che un pianeta, il corpo celeste si sta attualmente comportando come una cometa in avvicinamento al Sole.
L'estrema vicinanza alla stella genera temperature superficiali medie di 1900°C ( abbastanza da fondere e vaporizzare parte della roccia ) e l'intensa forza di gravità stellare non permette al pianeta di trattenere la sua crosta superficiale.
Gli astronomi hanno stimato che al pianeta rimangano all'incirca 200 milioni di anni da vivere, un battito di ciglia in termini astronomici.

Se oggi sappiamo di questa situazione è grazie alla fortunata complanarità del piano orbitale del pianeta e di quello terrestre, fatto che ci permette di osservare il transito dell'esopianeta sul disco stellare ( come quando osserviamo i transiti di Mercurio e di Venere sul disco solare).
Il pianeta infatti è grande circa 1/10 della Terra ed è impossibile osservarlo singolarmente a causa dei limiti strumentali attuali, ma ciò che è ben evidente è l'imponente scia di gas e polveri che blocca ben l'1% della luce stellare.
L'analisi spettroscopica della coda di polveri ci permette di comprendere la composizione del pianeta ed anche la quantità di materiale che il pianeta sta perdendo. L'ULTRACAM ha anche permesso di stabilire che la coda si comporta in maniera anomala ed inaspettata: la scia, durante la sua formazione, si allarga e si restringe in maniera casuale ovvero senza seguire l'andamento che ci si aspetterebbe. E' possibile che questa anomalia sia generata da perturbazioni orbitali o da interferenze da parte di disomogeneità della superficie del pianeta.
Le prime rilevazioni esogeologiche precise sono attese per l'estate e lo studio di KIC 12557548 b, distante ben 1500 anni luce, ci dirà molto anche sulla genesi e sul futuro della nostra Terra.