26.10.15

LO STRANO CASO DELLA STELLA KIC 8462852

Nelle ultime settimane si è sentito parlare molto di questa stella e soprattutto di un ipotetico segreto
nascosto nella variazione della sua luminosità....facciamo un po' di chiarezza e scindiamo ciò che sappiamo da ciò che ipotizziamo.
Osservata dal telescopio spaziale Kepler, dedicato alla ricerca ed allo studio dei pianeti extrasolari transitanti, la stella in questione rappresenta un vero e proprio nuovo enigma per gli astronomi, tanto che è stata avanzata anche un'ipotesi appartenente solitamente al dominio della fantascienza.
Ma andiamo con ordine e conosciamo da vicino questa curiosa stella.

KIC 8462852 dista 1480 anni luce dal Sole e dalla Terra appare come una stellina di magnitudine visuale 11,7 posta in direzione della costellazione del Cigno.  Nonostante possieda una massa ed una dimensione pari a circa una volta e mezza quella solare, la sua luminosità risulta pari al 67% di quella del nostro astro.
Rientra nella classe spettrale F V, ovvero si tratta di una stella leggermente più calda e massiccia del nostro Sole ( di classe G2 V).
Fin qui, nulla di diverso da milioni di altre stelle note e meno note. Eppure osservandola in maniera approfondita per un lungo periodo di tempo, il team che gestisce Kepler ha notato una grande ed inedita anomalia nascosta tra i dati raccolti sul flusso luminoso della stella. Kepler ha misurato dei piccoli cali di luminosità molto frequenti  e non periodici uniti a due grossi cali (avvenuti in data 5.3.2011 e 28.2.2013) che hanno prodotto un oscuramento prima del  15% e poi del 22% del flusso luminoso, imputabili ad un oggetto estremamente grande o ad un gran numero di oggetti di massa minore ("in formazione") in orbita attorno alla stella e transitanti di fronte all'astro rispetto alla nostra linea di vista.  Il fatto è che non si conosce nulla di così grande in orbita attorno ad una stella che possa produrre un effetto del genere.
I due grossi cali di luminosità sembrano intervallati da circa 750 giorni e l'ultimo evento era atteso per l'aprile 2015, ma Kepler subì un'avaria di due giroscopi che impedirono di seguire l'evento. Il prossimo evento è atteso per il maggio 2017.
E' stato stimato che per ottenere un calo di questa entità ci vorrebbe un "ostacolo" che oscurasse almeno il 50% della stella.

Ipotesi stellare -  considerando il tipo di stella è da escludere una variabilità intrinseca della stella. Le stelle appartenenti a questa tipologia e classe spettrale non mostrano episodi di variabilità, tanto meno così irregolari e importanti.


Ipotesi planetaria/cometaria/asteroidale - non potendosi trattare di una stella variabile, le ipotesi si sono concentrate immediatamente su eventuali oggetti in orbita attorno alla stella (pianeti, asteroidi o comete) che, rivoluzionando, transitano periodicamente di fronte alla stella rispetto alla nostra linea di vista. Ma anche questa ragionevole ipotesi ha mostrato numerose falle. Innanzi tutto per generare una tale irregolarità, tali corpi celesti dovrebbero possedere orbite estremamente caotiche, a livelli mai visti fino ad oggi. In secondo luogo l'aspetto legato al calo di luce: per poter produrre un calo di luminosità del genere bisognerebbe avere un corpo celeste centinaia di volte più grande di Giove ( impossibile per le teorie attuali sulla formazione planetaria e se pensiamo che l'imponente Giove scherma solo l'1% della luce solare! ). L'ipotesi dello sciame di comete è viziata su due fronti differenti. Primariamente, per produrre un tale calo di luminosità bisognerebbe avere in orbita una densità impressionante e mai vista prima di materiale asteroidale o cometario e con ogni probabilità non si riprodurrebbe lo stesso effetto. Secondariamente subentra l'analisi spettroscopica del sistema. Sono del tutto assenti le emissioni tipiche di un sistema planetario con molti pianeti o molto materiale detritico, ovvero un eccesso di emissioni infrarosse da parte della stella e dell'ambiente a lei prossimo.
A supporto di questa teoria, anche se senza prove definitive, ci sono altre due possibili spiegazioni: la stella può aver appena catturato un campo di asteroidi (ma si ripropone il suddetto problema della massa) oppure la nube di Oort di KIC 8462852 può aver subito l'influenza gravitazionale di una nanna rossa distante solamente 885 UA, rimescolandola caoticamente ( si ripropone però il suddetto problema).


Ipotesi aliena - l'astronomo J. Wright ( facente parte del team che ha studiato a fondo la stella) si è spinto ad ipotizzare che a produrre quel drastico calo di luminosità sia in realtà una megastruttura artificiale, e dunque ovviamente aliena. " Sembrerebbe quel genere di cose che ti aspetteresti che una civiltà aliena costruisca."
Si tratterebbe infatti della (per ora..) fantascientifica Sfera di Dyson, una sorta di gabbia stellare con cui una civiltà aliena tecnologicamente molto  avanzata catturerebbe parte della radiazione stellare per far fronte al proprio fabbisogno energetico.
L'ipotesi ha spiazzato, ma non sorpreso, la comunità astronomica ed è stata ovviamente enfatizzata dai media ( con gli eccessi del caso).  Sta di fatto che il 19 ottobre scorso il SETI ha rivolto le antenne dei suoi radiotelescopi verso la stella, cercando di carpire un qualunque messaggio/trasmissione proveniente da quella stella.
Ad oggi, nessuna delle suddette ipotesi è ufficialmente accettata dalla comunità scientifica.
La stella è stata soprannominata informalmente "WTF Star" ( Where's The Flux?) e chiunque, sotto un buon cielo scuro può osservarla con un binocolo o con un piccolo telescopio. Tra l'altro, la rilevazione della variazione della sua luminosità dovrebbe essere nelle possibilità di strumenti amatoriali di media taglia (con tutte le accortezze del caso).

7.10.15

QUALI SONO I PIANETI EXTRASOLARI PIU' PROMETTENTI?

Ormai tra le migliaia di pianeti extrasolari scoperti fino ad oggi, sono decine quelli che rientrano a pieno titolo nell'attuale definizione di 'fascia di abitabilità'.
Raggiunto quindi questo grado di raffinatezza nelle osservazioni, la definizione di abitabilità necessita obbligatoriamente un approfondimento.
Gli ultimi ad occuparsene sono stati alcuni astronomi statunitensi che hanno valutato il problema anche alla luce della quantità di pianeti promettenti scoperti e futuri e del sempre più prezioso tempo-telescopio per poterli studiare.
Come accennavo, la definizione corrente di abitabilità è oggetto di continue revisioni a fronte di nuove scoperte e nuovi interrogativi, anche se semplicisticamente prevede che un pianeta roccioso si trovi alla giusta distanza dal proprio astro (o astri) tale per cui sulla sua superficie possa scorrere acqua liquida. Fin qui, vista l'esperienza terrestre, potremmo tutti essere d'accordo.
L'osservazione della moltitudine di pianeti promettenti (che aumenterà esponenzialmente con i nuovi supertelescopi terrestri e spaziali in fase di ultimazione) dovrà essere gestita al meglio, individuando i pianeti più promettenti tra quelli promettenti. Come fare? Il team ha ideato un nuovo indice per individuare i pianeti veramente interessanti ed assegnare loro una certa priorità.
L'indice assegnato a ciascun pianeta avrà un valore derivato non più solamente dalla distanza del pianeta dalla sua stella, ma considerando tutto ciò che sappiamo su quel pianeta: tutti i dati osservativi rilevati in un dato sistema.

La difficoltà sorge però nel riconoscere queste caratteristiche ( rocciosità, determinazione dei parametri orbitali e stabilità dell'orbita), unite allo studio dell'atmosfera planetaria e della composizione chimica superficiale, su mondi distanti come minimo 4,36 anni luce o al più svariate migliaia. Per alcuni tra le decine di questi promettenti pianeti confermati, è stato possibile ricavare alcuni di questi preziosi dati aggiuntivi.

I dati basilari su cui viene calcolato tale indice sono i seguenti 3:
- la stima di rocciosità del pianeta;
- l'albedo;
- l'eccentricità dell'orbita.

Il vantaggio è che ognuno dei tre dati funge da parametro di controllo per gli altri due. Ad esempio, se un pianeta è attualmente considerato troppo caldo per ospitare la vita a causa magari della vicinanza alla sua stella (e dunque rischiasse di essere scartato in una futura campagna osservativa), potrebbe possedere un alto albedo che avrebbe un effetto mitigante sul suo clima globale e quindi riguadagnare il suo posto nella lista.
Il team ha infine applicato il nuovo indice a tutte le migliaia di pianeti scoperti fino ad oggi da Kepler e ha concluso che i più promettenti (assumendo che posseggano un'orbita circolare) sono quelli che ricevono tra il 60 ed il 90% della radiazione solare che incide sulla Terra, trovando anche numerose conferme nelle teorie più moderne ed avanzate sulla zona di abitabilità attorno ad una stella.
In conclusione, si tratta di un piccolo ma significativo passo avanti nella determinazione di un indice oggettivo ed obiettivo per la determinazione della reale abitabilità di un pianeta extrasolare.

Articolo