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10.6.16

UN GIOVANISSIMO GIGANTE

Osservando le età degli oltre 3300 pianeti extrasolari oggi noti, ci rendiamo conto che la Terra ed i pianeti del sistema solare sono tra i più antichi con i loro 4-5 miliardi di anni. 
Fino ad alcuni anni fa infatti si pensava che un pianeta impiegasse miliardi di anni per formarsi e raggiungere una situazione di equilibrio. Con l'aumentare del numero di pianeti extrasolari scoperti ed attraverso studi sempre più raffinati, ci si è resi conto che i pianeti si formano in realtà in pochissimi milioni di anni! 
Le ricerche degli astronomi si sono quindi concentrate sul porre un limite inferiore al tempo che impiega un pianeta  formarsi.
Precedentemente, avendo solo il sistema solare come punto di partenza e di confronto, era naturale ipotizzare una lunga gestazione per un pianeta. In seguito, l'osservazione diretta di centinaia di sistemi planetari di età differenti ha permesso di ricostruire l'intera sequenza, dalla formazione alla stabilizzazione del sistema. 
Grazie alle osservazioni i miliardi di anni divennero milioni. Fino a pochissimo tempo fa si pensava che un pianeta gigante gassoso come il nostro Giove impiegasse almeno 10 milioni di anni per formarsi, ma una nuova scoperta ha ridotto drasticamente questi tempi. 
La ricerca di astri giovanissimi che potessero far luce sulle dinamiche e sui tempi di formazione dei pianeti ha portato l'attenzione degli astronomi sulla stella CI Tau, posta a 450 a.l. nella costellazione del Toro. 
Questa stella ha appena 2 milioni di anni ma possiede attorno a sè un pianeta gassoso 8 volte più grande di Giove. Il pianeta, scoperto col metodo della velocità radiale, impiega 9 giorni per compiere una rivoluzione.
Attualmente CI Tau b è il pianeta più giovane che si conosca!

8.5.15

LA FOTO DI UN PIANETA EXTRASOLARE VICINO

A 40 anni luce da noi, attorno alla stella nana rossa VHS 1256, orbita un pianeta denominato VHS 1256b.
L'esopianeta è 11 volte più massiccio di Giove pur avendo dimensioni analoghe a quelle del gigante gassoso del nostro sistema solare. La sua atmosfera possiede una temperatura di 1200°C, condizione che lo rende particolarmente luminoso agli occhi del telescopio VISTA dell'ESO.

Fin qui nulla di speciale, se non fosse che si tratta dell'esopianeta più vicino alla Terra di cui si sia ottenuta una foto ed uno spettro.
Gli esopianeti fotografati sono un'esigua minoranza rispetto alle migliaia di pianeti scoperti con metodi indiretti come il transito, il microlensing e la misura delle velocità radiali. Infatti riuscire a catturare la luce di un pianeta extrasolare è come riuscire a fotografare la luce riflessa dalle ali si una falena che vola attorno ad un lampione posto a svariati km di distanza. I metodi indiretti invece si concentrano sulle perturbazioni generate dalla presenza dei pianeti attorno alla stella, ugualmente difficili da rilevare a causa della differenza tra le masse in gioco.
VHS 1256b  orbita a ben 100 UA dalla sua stella, circa 2 volte e mezza la distanza di Plutone dal Sole, rendendo più agevole da Terra la cattura della sua luce riflessa.
Dall'analisi della sua luce è emersa la sua colorazione marcatamente rossa ed una struttura atmosferica interessante che si intende studiare in dettaglio nel prossimo futuro.
A livello di composizione chimica, lo spettro ha mostrato la presenza di molecole d'acqua, metalli alcalini e l'inattesa assenza di metano.
La grande separazione dalla sua stella, unita alla vicinanza del sistema al Sole, ha reso possibile la cattura dell'immagine e di uno spettro particolarmente dettagliato che spazia dalle onde radio ai raggi X. La possibilità di ottenere uno spettro ben definito è fondamentale per poter compiere studi approfonditi legati a vari fenomeni planetari (bombardamenti cometari, esolune attive, ecc) ed elettromagnetici (aurore polari, magnetismo ed emissioni varie) altrimenti impossibili da indagare.


In conclusione, l'ultimo dato degno di nota riguarda l'età stimata del sistema. Grazie alla gran quantità di dati a disposizione, il sistema di VHS 1256 è tra i pochi conosciuti su cui è stato possibile effettuare una stima dell'età, risultata essere compresa tra i 150 ed i 300 milioni di anni.

28.1.15

IL PIU' ANTICO SISTEMA CONOSCIUTO POSSIEDE 5 PIANETI TERRESTRI

Spesso quando parliamo di sistemi planetari prestiamo più attenzione alla loro struttura che alla loro età. Questa scoperta sottolinea l'estrema importanza dell'aspetto temporale, che ci dice molto sulle dinamiche e sulle origini di un sistema planetario.
Partendo dal presupposto logico che un pianeta non può essere più antico della stella attorno a cui orbita (a meno di pianeti vaganti catturati dalla gravità di una giovane stella), l'età del pianeta è stimata partendo appunto dall'età della stella madre del sistema.
Fino a circa 10 anni fa era accettata l'idea che un sistema planetario impiegasse come minimo svariate centinaia di milioni di anni a formarsi. Questa teoria venne sistematicamente demolita man mano che la casistica dei sistemi planetari noti e confermati aumentava al ritmo di centinaia ogni anno. Oggi conosciamo stelle di pochi milioni di anni d'età con un sistema planetario in avanzato stato di formazione. Di pari passo è mutata la teoria secondo cui i pianeti rocciosi di tipo terrestre impiegassero miliardi di anni per potersi formare e per poter giungere allo stato attuale della Terra (o di Mercurio, Venere e Marte). Tra le centinaia di sistemi planetari oggi noti, molti di quelli giovanissimi (poche decine di milioni di anni) possiedono già pianeti di tipo terrestre, demolendo ancora una volta una teoria che pareva consolidata.
Alla luce di queste scoperte possiamo quindi concludere che un sistema planetario impiega come minimo pochi milioni di anni a formarsi e che i pianeti di tipo terrestre vengono ultimati in poche decine di milioni di anni. I tempi e la struttura del sistema planetario dipendono sempre e comunque dalla massa e dalla composizione del disco protoplanetario originario.
Parliamo spesso di dischi protoplanetari e pianeti attorno a stelle giovani, ma cosa sappiamo dell'età dei pianeti in questione? Ragioniamo su scala cosmologica: l'universo ha poco più di 13 miliardi di anni e quindi possiamo ragionevolmente presumere che in questo lungo lasso di tempo il cosmo abbia prodotto svariate generazioni di pianeti rocciosi. In altre parole: un sistema planetario ha avuto modo di nascere, ultimarsi, riordinarsi e distruggersi più e più volte in base al tipo di stella presente nel suo centro. Eppure la scoperta di cui parliamo oggi ha semplicemente dell'incredibile perchè pur parlando di un periodo estremamente lontano nel tempo, ci racconta da vicino la nostra condizione: una stella di tipo solare con attorno almeno 5 pianeti rocciosi.
Il merito della scoperta è naturalmente da attribuire a Kepler, che ha indagato nelle vicinanze di una stella di tipo solare nota come Kepler-444 distante 117 anni luce ( nella costellazione della Lira ) ed il 25% più piccola del nostro astro.
L'aspetto più importante di questo astro è però l'età, stimata in 11,2 miliardi di anni, pari a più del doppio dell'età attuale del Sole. Quando questa stella nacque, l'universo aveva all'incirca 2,5 miliardi di anni, era grande meno di 1/5 di oggi e la Via Lattea era ancora una galassia in formazione. Si tratta di una delle stelle più vecchie che conosciamo e la cosa incredibile è che attorno ad essa orbitano almeno 5 pianeti rocciosi di taglia terrestre.

La posizione dei pianeti nei sistemi planetari più compatti
conosciuti paragonata a quella dei pianeti del sistema solare.
La taglia dei pianeti è compresa tra quella di Mercurio e quella di Venere e completano tutti un orbita al massimo in 10 giorni terrestri.
Secondo la classificazione attuale i pianeti di questa taglia sono definiti "pianeti terrestri" in quanto sono di dimensioni paragonabili a quelle del nostro mondo.
La brevità del loro anno li colloca oggi in una zona troppo calda per poter ipotizzare la presenza di vita come la conosciamo sulla Terra, ma l'attuale compattezza del sistema indica una lunga storia di migrazione ed aggiustamento delle loro orbite nel sistema. E' possibile ipotizzare che un tempo almeno uno di quei pianeti potesse rivoluzionare nella zona abitabile di Kepler-444, stimata dagli astronomi a 0,47 UA dalla stella, ben oltre l'orbita del pianeta più esterno conosciuto nel sistema.
Come accennato, questo sistema planetario è il più antico conosciuto con una conformazione simile a quella del sistema solare e potrebbe rappresentare una fotografia del nostro sistema solare interno tra molti miliardi di anni.
Un'altra peculiarità ha meravigliato gli astronomi: tutti e 5 i pianeti si trovano su orbite strettissime, tutte comprese entro 1/5 della distanza di Mercurio ( il pianeta più vicino al Sole ) dal Sole. Un sistema ultracompatto, analogo solo dell'1% circa dei sistemi planetari scoperti da Kepler.


L'età della stella è stata stimata utilizzando la sempre più raffinata astrosismologia, ovvero studiando le onde sonore emesse dalla stella e provenienti dal suo interno. Kepler è in grado di rilevare le variazioni luminose causate dall'emissione di onde sonore da parte della stella: la loro emissione causa una variazione di temperatura della stella e dunque della sua luminosità totale. Grazie a queste misure è possibile calcolare il raggio e la massa della stella. I pianeti sono stati scoperti invece con il tanto proficuo quanto collaudato metodo del transito che, unito all'applicazione di alcune tecniche astrosismologiche, ha permesso di stimare il diametro del pianeta più interno del sistema ( della taglia di Mercurio ) con un incertezza di 100 km.
La stella Kepler-444 e la sua compagna nana di classe M
Ma sono due le importantissime implicazioni di questa scoperta:

1- Oggi sappiamo che i pianeti di tipo terrestre si sono formati lungo tutta la storia dell'universo;
2- Possiamo realisticamente ipotizzare che la vita possa essere comparsa su pianeti come questi ben prima di quanto accaduto sulla Terra.

La stella Kepler-444 ha anche una compagna, una nana di classe M, che ha reso incredibilmente complessa la riduzione dei dati per separare il segnale dei pianeti da quello della stella compagna.