17.9.16

TW HYDRAE: IL DISCO DELLA DISCORDIA.


A pochi giorni dall'annuncio della possibile presenza di un pianeta gigante ghiacciato in formazione a 22 unità astronomiche dalla stella TW Hydrae, il disco presente attorno a questo astro torna a far parlare di sè. 
Pare che l'ipotesi che sia in corso la formazione di un pianeta di taglia terrestre nel gap posto a una unità astronomica dalla stella sia in realtà infondata. L'interpretazione dei dati di ALMA che inverte la rotta è contenuta in un nuovo studio condotto da 4 ricercatori italiani all'estero, che hanno un'idea completamente diversa di ciò che ha generato il gap a 1 UA dalla stella.
Secondo il team l'esistenza di quell'anello di spazio "vuoto", posto alla medesima distanza dell'orbita terrestre nel sistema solare, non è da imputare alla presenza di un pianeta di massa terrestre in corso di formazione ma bensì ad un processo molto comune ed incisivo nei dischi protoplanetari: la fotoevaporazione. 



Il potente flusso di radiazioni energetiche emesse dalla stella strapperebbero atomi e molecole dagli accumuli di materiale, allontanandoli verso le zone periferiche del disco, creando aree con densità di materia più bassa rispetto ad altre non interessate dalla fotoevaporazione.
Ma gli indizi più pesanti che hanno generato profonde differenze rispetto alle conclusioni pubblicate di recente riguardano proprio il disco di TW Hydrae: la distanza del gap dalla stella, il tasso di accrescimento di massa sulla stella (ovvero la quantità di materia che dal disco precipita sull'astro), la distribuzione e la densità delle particelle di polvere. Secondo i ricercatori, i dati che sono stati ricavati da ALMA si adatterebbero meglio al modello fotoevaporativo che a quello planetario.

Per comprendere l'importanza cruciale della fotoevaporazione nei dischi protoplanetari, basti pensare che tale processo è responsabile della loro struttura iniziale o della loro rapida distruzione, della migrazione dei protopianeti verso l'esterno del disco o del loro parcheggio su orbite più o meno stabili che ne permettano l'ulteriore sviluppo.

16.9.16

DIRETTA DI UN PIANETA IN FORMAZIONE

L'umanità ha cominciato ad indagare i misteri dello spazio in maniera intensiva da appena 400 anni, ovvero da circa 1/35.000.000 dell'età dell'universo. Ma allora come facciamo oggi a ricostruire le dinamiche di eventi astronomici accaduti miliardi di anni fa o ad ipotizzarne lo sviluppo futuro? 
Beh, la risposta risiede nel luogo in cui questi fenomeni avvengono: l'universo. Si tratta dell'ambiente più grande che esista, il contenitore per eccellenza; tutto ciò che esiste ed avviene fa parte dell'universo. Ed ecco quindi che possiamo ammirare galassie vecchie di miliardi di anni coesistere con galassie giovanissime ed iperattive, stelle morenti che condividono lo spazio con soli appena nati. Per noi osservatori terrestri l'intera storia dell'universo è scritta su quello schermo gigante che è il cielo e il compito dell'astronomia moderna è quello di fare un po' d'ordine permettendoci di ricostruire eventi e storie di corpi celesti assai più lunghe della vicenda umana. E' come se un alieno visitasse la Terra come meta per un weekend fuori porta: non avrebbe certamente il tempo di studiare ad esempio un umano dalla nascita alla morte e dovrebbe comprendere il nostro ciclo vitale osservando semplicemente individui neonati, giovani ed anziani.

Risulta più facile quindi ricostruire il processo che porta alla formazione di un sistema planetario osservandone ad esempio 10 fasi diverse in 10 sistemi planetari simili contemporaneamente, e non facendo ipotesi sul passato e sul futuro del sistema solare avendo come unico termine di paragone il presente di un unico sistema (....e questa era la nostra condizione fino a poco più di 20 anni fa!).
Tale premessa ci fa comprendere l'importanza di scovare in giro per la Galassia tutte quelle differenti istantanee di vita di un sistema planetario al fine di comprendere al meglio ad esempio come nasce e si sviluppa e se questo può raccontarci qualcosa sul passato del nostro stesso sistema!

Un team di astronomi giapponesi dell'Università di Ibaraki ha osservato a fondo la stella TW Hydrae utilizzando il radiointerferometro ALMA. Si tratta di un astro di appena 10 milioni di anni posto a 184 anni luce dal Sole, 
I segnali raccolti da ALMA hanno ricostruito in gran dettaglio il disco di polveri e gas che circonda la stella per centinaia di unità astronomiche anche grazie alla perpendicolarità del disco rispetto alla nostra linea di vista. In particolare sono ben evidenti vari "gap" nel disco, ovvero aree concentriche più scure nelle quali un corpo celeste di dimensioni planetarie starebbe ripulendo la sua orbita dalle polveri.
In uno dei gap più interni, posto a circa 22 unità astronomiche (UA) dalla stella, potrebbe rivoluzionare un pianeta di dimensioni appena maggiori di Nettuno. Osservando a due diverse frequenze, il team ha notato come la polvere del disco posta entro le 22 UA abbia dimensioni minori di quella posta oltre tale distanza. Un'osservazione che rafforzerebbe la teoria attuale che prevede la creazione del gap da parte di un pianeta massiccio e l'allontanamento della polvere più grossolana dal gap stesso e dalle aree centrali del disco in seguito all'interazione gravitazionale ed alla frizione tra grani di polvere e gas.



Considerando le dimensioni del gap posto a 22 UA, il team è stato in grado di stimare anche la massa dell'ancora inosservato pianeta: possiederebbe una massa leggermente superiore a quella di Nettuno.
Il team sta già programmando future osservazioni per comprendere meglio ciò che accade dalle parti di TW Hydrae e per testare un nuovo approccio: lo studio della polarizzazione delle onde radio permetterebbe infatti di discriminare meglio le dimensioni dei grani di polvere nel disco. Un ulteriore obiettivo è quello di calcolare la quantità di gas presente nel disco, sia perchè si tratta del maggior componente, sia per poter ottenere una stima molto più precisa della massa del pianeta.


Questo studio è molto importante per comprendere le modalità di formazione di pianeti giganti ghiacciati in genere ed in particolare potrebbe fornire alcune risposte circa la formazione e l'origine, per certi versi ancora oscura, di Urano e Nettuno.

Articolo

4.9.16

RECORD PER I DUE SOLI DI TRE PIANETI

Un team di astronomi del Carnegie Institution for Science ha annunciato la scoperta di un sistema planetario composto da una coppia di stelle simili al Sole ospitante ben tre pianeti: due in orbita attorno ad una componente ed il terzo orbitante attorno alla seconda componente.
Si tratta della minor separazione tra due stelle legate in un sistema binario in cui entrambe ospitano pianeti. 
I tre pianeti scoperti sono giganti gassosi ed aiuteranno a comprendere l'influenza gravitazionale che la loro presenza genera nell'architettura di un sistema planetario.
Al di là dello scenario mozzafiato che questo sistema evoca nella nostra immaginazione, la scoperta ci aiuta a comprendere il ruolo dei giganti gassosi nei sistemi planetari, data l'enorme importanza che Giove ha avuto nel plasmare e riordinare le orbite del nostro sistema solare.
La scoperta è stata possibile grazie ai dati rilevati in 6 anni di lavoro dal Planet Finder Spectrograph (PFS), sviluppato dal team del Carnegie e montato sul telescopio da 6,5 m Magellan II situato a Las Campanas Observatory (Cile). PFS è in grado di rilevare pianeti di grossa taglia con lunghi periodi di rivoluzione e/o orbite particolarmente ellittiche. 
Lo scopo è comprendere quanto spesso i pianeti giganti gassosi si presentano con orbite ampie e circolari e quanto con orbite strette ed eccentriche: così facendo sarà possibile comprendere al meglio le dinamiche che hanno portato alla formazione del nostro sistema solare e soprattutto stabilire con maggior precisione la posizione più probabile occupata da eventuali pianeti abitabili in un sistema.

Il sistema binario, distante 163 anni luce e vecchio di 9,5 miliardi di anni, è composto dalle stelle HD 133131A e HD 133131B. La prima stella ospita due pianeti dalle orbite poco eccentriche,  uno con massa minima pari a 1,5 masse gioviane (a=1,44 UA, e= 0,32)  e l'altro con una massa pari a poco più della metà di quella di Giove (a=4,8 UA, e=0,47). La seconda stella ospita un solo pianeta dall'orbita eccentrica con al minimo 2,5 masse gioviane (a=6,4 UA, e= 0,62).
Tutti i pianeti del sistema sono stati scoperti con il metodo delle velocità radiali.

Le due stelle sono separate tra loro da appena 360 unità astronomiche (360 volte la distanza che separa la Terra dal Sole): un record che abbatte di 3 volte il precedente.

Ma le novità non finiscono qui. Le due stelle sono povere di metalli, ovvero di tutti quegli elementi diversi da idrogeno ed elio, a differenza della maggior parte delle stelle ricche di metalli che ospitano esopianeti giganti. Si conoscono solo 6 sistemi con carenze di metalli analoghe.

Inoltre, le analisi approfondite sulla composizione chimica delle due stelle mostra come in realtà le due non siano vere e proprie gemelle, bensì semplici sorelle, a causa di una lieve differenza nella composizione chimica. Tale differenza può essersi generata a causa dell'inglobamento passato di alcuni pianeti rocciosi da parte di una stella oppure i pianeti giganti gassosi potrebbero aver destabilizzato le orbite di pianeti rocciosi già formati, spingendoli nella propria stella o espellendoli nello spazio profondo.

Per approfondire: