16.9.16

DIRETTA DI UN PIANETA IN FORMAZIONE

L'umanità ha cominciato ad indagare i misteri dello spazio in maniera intensiva da appena 400 anni, ovvero da circa 1/35.000.000 dell'età dell'universo. Ma allora come facciamo oggi a ricostruire le dinamiche di eventi astronomici accaduti miliardi di anni fa o ad ipotizzarne lo sviluppo futuro? 
Beh, la risposta risiede nel luogo in cui questi fenomeni avvengono: l'universo. Si tratta dell'ambiente più grande che esista, il contenitore per eccellenza; tutto ciò che esiste ed avviene fa parte dell'universo. Ed ecco quindi che possiamo ammirare galassie vecchie di miliardi di anni coesistere con galassie giovanissime ed iperattive, stelle morenti che condividono lo spazio con soli appena nati. Per noi osservatori terrestri l'intera storia dell'universo è scritta su quello schermo gigante che è il cielo e il compito dell'astronomia moderna è quello di fare un po' d'ordine permettendoci di ricostruire eventi e storie di corpi celesti assai più lunghe della vicenda umana. E' come se un alieno visitasse la Terra come meta per un weekend fuori porta: non avrebbe certamente il tempo di studiare ad esempio un umano dalla nascita alla morte e dovrebbe comprendere il nostro ciclo vitale osservando semplicemente individui neonati, giovani ed anziani.

Risulta più facile quindi ricostruire il processo che porta alla formazione di un sistema planetario osservandone ad esempio 10 fasi diverse in 10 sistemi planetari simili contemporaneamente, e non facendo ipotesi sul passato e sul futuro del sistema solare avendo come unico termine di paragone il presente di un unico sistema (....e questa era la nostra condizione fino a poco più di 20 anni fa!).
Tale premessa ci fa comprendere l'importanza di scovare in giro per la Galassia tutte quelle differenti istantanee di vita di un sistema planetario al fine di comprendere al meglio ad esempio come nasce e si sviluppa e se questo può raccontarci qualcosa sul passato del nostro stesso sistema!

Un team di astronomi giapponesi dell'Università di Ibaraki ha osservato a fondo la stella TW Hydrae utilizzando il radiointerferometro ALMA. Si tratta di un astro di appena 10 milioni di anni posto a 184 anni luce dal Sole, 
I segnali raccolti da ALMA hanno ricostruito in gran dettaglio il disco di polveri e gas che circonda la stella per centinaia di unità astronomiche anche grazie alla perpendicolarità del disco rispetto alla nostra linea di vista. In particolare sono ben evidenti vari "gap" nel disco, ovvero aree concentriche più scure nelle quali un corpo celeste di dimensioni planetarie starebbe ripulendo la sua orbita dalle polveri.
In uno dei gap più interni, posto a circa 22 unità astronomiche (UA) dalla stella, potrebbe rivoluzionare un pianeta di dimensioni appena maggiori di Nettuno. Osservando a due diverse frequenze, il team ha notato come la polvere del disco posta entro le 22 UA abbia dimensioni minori di quella posta oltre tale distanza. Un'osservazione che rafforzerebbe la teoria attuale che prevede la creazione del gap da parte di un pianeta massiccio e l'allontanamento della polvere più grossolana dal gap stesso e dalle aree centrali del disco in seguito all'interazione gravitazionale ed alla frizione tra grani di polvere e gas.



Considerando le dimensioni del gap posto a 22 UA, il team è stato in grado di stimare anche la massa dell'ancora inosservato pianeta: possiederebbe una massa leggermente superiore a quella di Nettuno.
Il team sta già programmando future osservazioni per comprendere meglio ciò che accade dalle parti di TW Hydrae e per testare un nuovo approccio: lo studio della polarizzazione delle onde radio permetterebbe infatti di discriminare meglio le dimensioni dei grani di polvere nel disco. Un ulteriore obiettivo è quello di calcolare la quantità di gas presente nel disco, sia perchè si tratta del maggior componente, sia per poter ottenere una stima molto più precisa della massa del pianeta.


Questo studio è molto importante per comprendere le modalità di formazione di pianeti giganti ghiacciati in genere ed in particolare potrebbe fornire alcune risposte circa la formazione e l'origine, per certi versi ancora oscura, di Urano e Nettuno.

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