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1.2.17

UNA DIRETTA DI OLTRE 120 ANNI FA..


Abbiamo parlato spesso della difficoltà di riprendere immagini dirette dei pianeti orbitanti attorno ad altre stelle (direct imaging), una difficoltà a cui stiamo ponendo rimedio assai rapidamente ed efficientemente.
Il nemico numero uno da eliminare in questa caccia è la differenza di luminosità tra una stella ed il suo pianeta. Il riverbero causato dalla luce di un astro, miliardi di volte più intensa di quella riflessa (o emessa) dai suoi pianeti, tende a cancellare le tracce dei suoi pianeti e a nasconderli alla nostra vista. 
Entra in gioco uno degli strumenti da lavoro più importanti per i cacciatori di esopianeti: il coronografo stellare. Nell'ambito della ricerca e dello studio degli esopianeti, tale strumento è utilizzato per osservare pianeti o per effettuare riprese dei dischi protoplanetari in orbita attorno ad altre stelle.  Viene posto lungo l'asse ottico del telescopio con il preciso scopo di intercettare e bloccare la luce accecante della stella e rivelare gli oggetti deboli presenti nelle sue vicinanze. Banalmente il meccanismo è lo stesso che utilizziamo quando, coprendo il Sole con una mano (e quindi proteggendoci gli occhi dalla luce accecante), seguiamo ad esempio un aereo che passa nelle sue vicinanze.
Oggi esistono moltissimi tipi coronografi stellari, studiati ed attrezzati per restituire un'immagine sempre meno disturbata di ciò che si trova nelle vicinanze della stella.
Fondamentali sono anche le ottiche adattive, ovvero un sistema di adattamento degli specchi dei telescopi che annulla l'effetto turbolento dell'atmosfera attraverso una deformazione uguale e contraria a quella prodotta dalla nostra atmosfera. Risultato: un'immagine di qualità spaziale ripresa però dalla superficie terrestre! 
L'utilizzo combinato di queste tecnologie applicate ai migliori telescopi al mondo e l'osservazione del sistema di HR 8799 in banda infrarossa ha permesso al mondo di godere della danza dei suoi 4 pianeti.
La stella in questione, al limite dell'osservabilità ad occhio nudo, si trova a 129 anni luce nella costellazione di Pegaso ed è una stella leggermente più grande e calda del Sole.
Attorno alla stella è stata confermata la presenza di 4 pianeti (un quinto, intravisto da ALMA, è ancora in attesa di conferme) e di una cintura asteroidale. Dalle prime osservazioni di Hubble del 1998, quasi 20 anni di studi e di riprese hanno permesso agli astronomi di seguire nel tempo le variazioni all'interno del sistema.  
Naturalmente, anche la dimensione e la distanza dei pianeti dalla loro stella conta molto: più i pianeti sono grandi e distanti più è facile per noi immortalarli. Il sistema di HR 8799 è perfetto: i pianeti hanno masse superiori a quelle del nostro Giove e sono tutti a distanze pari a 2-2.5 volte quelle di Saturno, Urano e Nettuno. 


La fascia asteroidale del sistema, posta a circa 75 UA dalla stella, si estende nell'area che nel sistema solare è occupata dal Disco Diffuso, oltre la Fascia di Kuiper.
I 4 pianeti, assieme a Fomalhaut b (o Dagon), sono stati i primi pianeti extrasolari il cui moto orbitale è stato confermato mediante l'utilizzo di fotografie dirette.




16.1.17

ALFA CENTAURI ED IL FUTURO DELL'ESPLORAZIONE SPAZIALE


Unisci la scoperta di un pianeta extrasolare potenzialmente promettente attorno alla stella più vicina in assoluto al Sole ad un progetto capace di passare dal dominio della fantascienza a quello della scienza in tempi ridotti. Quale garanzia? Il lavoro delle migliori menti e la sovvenzione di lungimiranti sognatori. Risultato? Il primo viaggio interstellare entro questo secolo.

L'indagine approfondita della struttura e della meccanica celeste del sistema stellare più vicino a noi, Alfa Centauri, è diventata una grande priorità. Tanto che l'ESO ha appena firmato un accordo con la Breakthrough Initiatives per adattare niente meno che il Very Large Telescope alla ricerca di pianeti extrasolari nel sistema stellare vicino. 

La Breakthrough Initiatives è un programma di esplorazione scientifica e di sviluppo tecnologico fondato nel 2015 dal filantropo Yuri Milner allo scopo di esplorare il cosmo, ricercare la vita extraterrestre e promuovere un dibattito sulla tematica a livello mondiale. 


L'obiettivo dell'upgrade è la scoperta di eventuali ulteriori pianeti nel sistema di Alfa Centauri verso cui indirizzare una piccola flotta di nanosonde in fase di progettazione nell'ambito del progetto Breakthrough Starshot. 


L'accordo prevede lo stanziamento di fondi per l'upgrade dello strumento VISIR (VLT Imager and Spectrometer for mid-Infrared), montato sul Very Large Telescope dell'ESO in Cile. Ma non solo: viene riservato inoltre un adeguato tempo telescopio per poter condurre una campagna di osservazioni mirate ed approfondite del sistema nel 2019.

Breakthrough Starshot è un progetto da 100 milioni di dollari che mira a portare a termine il primo viaggio interstellare attraverso l'invio di una flotta di nanosonde ultraleggere verso il sistema stellare vicino, il tutto a velocità pari al 20% di quelle della luce e in pochi decenni da oggi.


Ad alimentare questa iniziativa è stata la storica scoperta nel 2016 del pianeta Proxima b, orbitante attorno alla stella più piccola e meno luminosa del sistema stellare triplo di Alfa Centauri, così come la possibilità attuale di unire le forze e le conoscenze per raggiungere questo nuovo traguardo dell'umanità.
Al di là della sfida ingegneristica rappresentata dalla costruzione delle nanosonde, da lanciare a frazioni molto rilevanti della velocità della luce entro i prossimi decenni, il progetto Breakthrough Starshot necessita anzi tutto la conoscenza dell'intero sistema stellare in tutti i suoi aspetti.


Si pensa che l'osservazione del sistema di Alfa Centauri nelle lunghezze d'onda del medio infrarosso possa facilitare la scoperta di pianeti riducendo per quanto possibile l'enorme divario di luminosità che li differenzia dalle loro stelle, milioni di volte più luminose. Dopo essere stato migliorato e reso più sensibile, VISIR si occuperà proprio di queste osservazioni ricorrendo anche all'ausilio delle ottiche adattive e di coronografi di ultima generazione.

Breakthrough Initiatives pagherà gran parte dei costi di sviluppo delle tecnologie mentre l'ESO metterà a disposizione ed organizzerà la campagna osservativa ed il tempo telescopio necessario.


Il miglioramento dello strumento VISIR, nell'ambito dello studio di Alfa Centauri, sarà un perfetto banco di prova per testarne l'efficienza in vista del trasferimento tecnologico e di conoscenze che confluirà nello strumento METIS, montato a bordo del E-ELT. Se tutto andrà secondo i piani, METIS su E-ELT sarà in grado di studiare potenziali pianeti delle dimensioni di Marte in orbita attorno ad Alfa Centauri e ad un gran numero di stelle vicine.

Articolo
Breakthrough Initiatives



11.1.17

TW HYDRAE E LA LANCETTA COSMICA

Se fotografare i pianeti extrasolari è ancora un'arte complicata, la ripresa dei dischi protoplanetari ormai sforna capolavori a ripetizione. Essendo posizionati nelle più disparate posizioni rispetto alla nostra linea di vista, questi giovani dischi di gas e polveri ci mostrano tantissimi scorci di un passato lontanissimo che ha vissuto il nostro stesso sistema solare.
I dischi protoplanetari sono per l'appunto la culla dove nascono le stelle ed i sistemi planetari: strutture rotanti di gas e polveri al cui centro si genera l'astro (...o gli astri) e nella cui area più o meno periferica si addensa il materiale che genererà uno o più pianeti.  Nelle loro fasi iniziali di vita però sono composti da gas e polveri finissime investite dalla luce e dalla radiazione emessa dalla neonata stella posta nel mezzo.
Gli astronomi spesso osservano questi dischi di taglio, ovvero apprezzano lo spessore della struttura e la radiazione emessa dai poli della protostella che però rimane eclissata. Talvolta però il caso vuole che la nostra linea di vista sia perpendicolare alla disposizione del disco e quindi è come se lo stessimo guardando dall'alto. In questo caso, a seconda della tecnica osservativa utilizzata, siamo in grado di apprezzare l'intera struttura del disco e cercarne i particolari al suo interno.

TW Hydrae, a 184 anni luce di distanza ed un'età stimata in appena 8 milioni di anni, rientra in quest'ultima categoria di dischi protoplanetari.
Nel disco attorno a questa stella non sono stati fotografati pianeti, ma con ogni probabilità ce n'è uno ci sta indicando la sua presenza in un modo davvero singolare: attraverso l'ombra che proietta nella porzione di disco alle sue spalle.
In realtà non è il singolo pianeta a proiettare l'ombra! Il movimento di rivoluzione del pianeta all'interno della struttura genera disturbi gravitazionali nel materiale costituente la parte più interna del disco, provocando un disallineamento del disco interno rispetto al disco esterno. E' proprio questo disallineamento a produrre l'ombra osservata.
Ancora più interessante è la modalità con cui gli astronomi si sono accorti di tutto ciò. Il team ha studiato 18 anni di riprese e di dati ottenuti dall'Hubble Space Telescope. Il coronografo (ovvero lo strumento che rimuove l'accecante riverbero stellare) a bordo di Hubble ha permesso di riprendere il disco fino a 1,6 miliardi di km dalla stella, all'incirca la distanza che separa Saturno dal Sole. Montando in sequenza 6 immagini prese in questo lungo lasso di tempo, gli astronomi si sono accorti che l'ombra si spostava progressivamente in senso antiorario.
All'inizio gli astronomi pensavano si trattasse di differenze reali nella composizione del disco, ma col passare del tempo avrebbero dovuto notare una distorsione di tale struttura a causa della velocità minore nelle aree esterne del disco e della velocità maggiore in quelle interne. Ciò che è stato osservato è invece uno spostamento rigido per oltre 10 miliardi di km, il che ha fatto ipotizzare che si trattasse di un qualcosa di interno proiettato sul disco esterno.

Considerando i 66 miliardi di km di diametro del disco di TW Hya, il team ha concluso che l'oggetto proiettante l'ombra risiede all'interno del disco a meno di 1,6 miliardi di km dalla stella (e dunque invisibile ad Hubble o ad altri telescopi attuali).

La correttezza della teoria che contempla due porzioni di disco disallineate è avvalorata da osservazioni condotte in banda submillimetrica da ALMA, che ha messo in luce la deformazione del disco interno. 
Considerando il periodo di 15,9 anni che impiega l'ombra a rivoluzionare attorno alla stella, si pensa che il pianeta sia posto ad una distanza di circa 160 milioni di km dall'astro (una distanza molto simile a quella che separa la Terra dal Sole!) ed abbia una massa pari a 3 volte quella di Giove. Date queste premesse, la gravità esercitata dal pianeta sarebbe perfettamente in grado di produrre il disallineamento del disco interno che è stato osservato.
Le ultimissime osservazioni di ALMA hanno trovato pesanti indizi circa la presenza di un pianeta all'interno del disco di TW Hya: è stato individuato un gap nel disco a 14.5 milioni di km dalla stella. Strutture di questo genere sono l'evidenza della presenza di un pianeta in formazione che sta ripulendo la sua orbita dai gas e dalle polveri primordiali, ma è ancora molto complicato individuarli direttamente mentre percorrono la loro orbita.


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8.1.14

GEMINI PLANET IMAGER: VISTA ACUTA ED E' SUBITO MAGIA.

Oggi conosciamo oltre 1000 pianeti extrasolari e altre migliaia sono in attesa di essere confermati. Di quelli noti, una piccolissima percentuale è stata fotografata direttamente tra mille difficoltà ed a bassissima risoluzione. 
Entra ora in gioco una nuova meraviglia dell'ingegno umano: la Gemini Planet Imager (GPI). Si tratta di uno strumento grosso come un'utilitaria che sfrutta quanto di più avanzato oggi è stato creato per la ricerca dei pianeti extrasolari: un telescopio da 8 metri, ottiche adattive, puntamento laser, un avanzatissimo coronografo ed uno spettrografo.
La GPI è accoppiata al Telescopio Gemini South: un telescopio da 8 metri di apertura posto in Cile.
Le ottiche adattive sono costituite da specchi che si deformano all'occorrenza per contrastare all'istante la distorsione dell'immagine generata dalla turbolenza atmosferica. Le più potenti ottiche adattive correggono l'immagine centinaia di volte al secondo. Il risultato è una straordinaria nitidezza delle immagini, paragonabile quasi all'immagine acquisita dallo spazio, senza l'interferenza dell'atmosfera terrestre.
Il puntamento laser fa da guida alle ottiche adattive: il fascio proiettato in cielo dal telescopio analizza gli strati turbolenti dell'atmosfera comunicando la correzione alle ottiche adattive. Inoltre migliora notevolmente la precisione nel puntamento dello strumento.
Il coronografo è uno strumento che per decenni è stato utilizzato su un'unica stella con pianeti: il Sole. Oggi il nostro Sole è solo uno tra le migliaia di soli noti e lo strumento è stato adattato e migliorato per schermare la luce di quelle stelle e permettere così il rilevamento della preziosa luce proveniente dagli esopianeti. Infatti la luce stellare è milioni o miliardi di volte più intensa di quella emessa ( o riflessa) dai pianeti, rendendo arduo l'isolamento del loro segnale. Oggi coronografi avanzati come quello del Gemini sono in grado di isolare quella luce con relativa facilità.
Lo spettrografo del Gemini Telescope, di indicibile sensibilità, riceve la luce del pianeta e la analizza per caratterizzarne l'atmosfera, la composizione, la temperatura ed una miriade si altre proprietà chimico fisiche.
Tutti questi strumenti assieme hanno avuto recentissimamente l'occasione di lavorare assieme generando una prima luce che passerà alla storia. Oggi il 'metodo di caccia' più proficuo è il metodo del transito (che necessita però di un allineamento tra il piano orbitale degli esopianeti e la nostra linea di vista, fatto che genera un passaggio del pianeta di fronte alla sua stella), seguito da altri come 'microlensing gravitazionale' e 'varazione del tempo di emissione di una pulsar' (ed altri ancora). Ma la vera sfida del futuro sarà fotografare direttamente questi pianeti con quanto più dettaglio possibile. Il risultato ottenuto dalla GPI è sicuramente un passo deciso in quel senso, essendo nell'insieme almeno 8 volte più sensibile dei più avanzati sensori oggi disponibili. Guardate il dettaglio: sulla sinistra la foto composita di Europa presa da 3 sonde spaziali (Galileo, Voyager 1 e 2) comparata con ciò che può fare la GPI dalla Terra, a destra.


Gli oggetti scelti per la prima luce del nuovo strumento sono due vecchie conoscenze : il pianeta Beta Pictoris b e il disco di polveri attorno alla stella HR 4796A. 



Grazie all'osservazione nel vicino infrarosso, nonostante il denso disco di polveri orbitante attorno alla giovane stella, è stato possibile isolare l'emissione termica del pianeta. L'emissione è il calore residuo emesso dal processo di formazione, quasi sicuramente ancora in corso.



Ecco il disco di polveri illuminato dalla 
luce della giovane stella HR 4796A.
Gli astronomi ritengono che il disco 
illuminato sia composto da asteroidi e 
comete allontanati verso le zone periferiche del disco a seguito di un processo di formazione planetaria in atto o già concluso.
L'immagine sulla sinistra mostra la visione del sistema il luce infrarossa normale, includendo quindi il disco di polveri e la luce stellare diffusa dalla turbolenza terrestre. L'immagine sulla destra mostra invece la medesima scena solamente in luce polarizzata.

La GPI sarà sicuramente uno di quegli strumenti che rivoluzionerà la caratterizzazione dei pianeti extrasolari del futuro.