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16.9.12

PIANETI NEL CENTRO DELLA GALASSIA

Fino ad un anno fa la comunità scientifica era abbastanza sicura sulla ricetta per la formazione dei pianeti, specialmente quelli potenzialmente abitabili o abitati; questi dovevano trovarsi in una ben precisa fascia galattica, detta GHZ ( Galactic Habitable Zone ) o Zona Abitabile Galattica. Questa fascia costituisce un'anello che circonda il centro galattico ed è posta ad una distanza intermedia tra quest'ultimo e le distese rarefatte dei confini della galassia.


Ma cosa rende tanto speciale questo anello costituito da decine e decine di miliardi stelle?
La distanza intermedia tra l'affollatissimo e turbolento centro della galassia ed i suoi confini rarefatti permette alle stelle della GHZ uno stile di vita piuttosto privilegiato: abbastanza materiale per la formazione stellare e planetaria, grandi spazi che riducono il rischio di interazioni distruttive ed attutiscono eventuali esplosioni. In altre parole: tempo e tranquillità. Tempo che permette la formazione di stelle, pianeti e magari la vita.
Ma questa teoria è stata smentita più volte: sono stati trovati pianeti in zone assai povere di materia ed ora ci sono evidenze di presenza planetaria a poche unità astronomiche dal centro della Via Lattea.
La potenza degli strumenti odierni ci permette di indagare la 'meteorologia' del centro della galassia con precisioni dell'ordine delle decine di UA.
In quella zona così centrale, a circa 1/10 di anno luce dal centro galattico, gli astronomi hanno scovato un anello di stelle di tipo O (che suggeriscono la presenza di decine di stelle di tipo solare non ancora rilevabili direttamente) dal quale una stella di piccola massa si è pericolosamente distaccata, puntando verso la zona del buco nero centrale ( Sgr A*). Mesi fa, grazie al VLT, era stato scoperto un disco protoplanetario attorno a questa stella e gli astronomi credono che mentre la stella sopravviverà all'incontro con il buco nero, il suo disco continuerà a venire distrutto dalle sue imponenti forze mareali.


La nube, di circa 100 UA di raggio, si trova ora a circa 270 UA dal buco nero. Il disco ha già cominciato a risentire dell'attrazione gravitazionale prodotta dal buco nero essendo a cavallo dei 3100 raggi di Schwarzschild da SgrA*. Il raggio di Schwarzschild, nel caso di un buco nero, è quel raggio che definisce l'orizzonte degli eventi ovvero quel raggio oltre il quale nulla può più sfuggire dall'attrazione gravitazionale dell'oggetto.
La stella in questione possiede, anche se ancora per poco, un disco di polveri a dispetto di quanto si riteneva; quindi è logico presumere che le stelle con dischi protoplanetari che si trovano in posizioni stabili nell'anello possano dar luogo alla formazione di pianeti.
E' affascinante pensare alla possibile presenza di pianeti in uno dei luoghi più inospitali e turbolenti dell'intero Universo.



12.2.12

UNA NUOVA FINE PER I PIANETI DELLA GALASSIA

La fine della vita di un pianeta è tradizionalmente attribuita all'azione della sua stella, che prima o poi lo disintegra , inglobandolo o spazzandolo via dalla sua orbita a seguito di una violenta esplosione o dell'espansione stellare.
Ciò che è stato scoperto e che coinvolge il gigantesco buco nero presente al centro della Via Lattea, a 25.000 anni luce dal Sole, ha dell'incredibile.

(Credit : NASA Chandra X-Ray Observatory)
 SgrA* e i due echi di luce dovuti ad una recente esplosione (cerchiati)
Il buco nero, la cui esistenza è stata confermata da studi che hanno monitorato le distorsioni ed accelerazioni delle orbite stellari in un volume di pochi giorni-luce nella zona centrale della galassia, è stato monitorato dal telescopio Chandra che osserva l'universo nei raggi X.
Immagine X di Chandra di  Sgr A*








Gli astronomi hanno osservato che con cadenza quotidiana, Sagittarius A* (questo il nome della sorgente in cui si anniderebbe il buco nero), emette 'flares' di radiazione X della durata di alcune ore anche 100 volte più energetici dell'emissione standard della sorgente.
Anche il VLT , nell'infrarosso, ha confermato comportamenti analoghi.






La 'dieta' a base di asteroidi sarebbe all'origine dei flares che osserviamo.
La comunità scientifica aveva forti dubbi sull'esistenza di grandi quantità di asteroidi al centro della galassia, soprattutto nell'ambiente assai ostile che si viene a creare attorno ad un buco nero supermassiccio.
Le osservazioni, invece, sembrano confermare la presenza di una nuvola di migliaia di miliardi di asteroidi e comete strappati via dalle loro stelle madri; di questi corpi rocciosi, quelli che si trovano a transitare a meno di 150 milioni di chilometri dal buco nero vengono sbriciolati dall'intenso campo gravitazionale e dalle forze mareali del buco nero. I frammenti verrebbero vaporizzati poi dal flusso di gas ad altissima temperatura che fluisce verso la singolarità, generando i flares energetici che osserviamo da Terra. Infine ciò che rimane dei frammenti viene inghiottito dal buco nero.
Gli astronomi hanno anche stimato la misura minima dei frammenti in grado di generare flares come quelli osservati da Chandra : 10 km di raggio.

Tutto ciò riguarda gli asteroidi ma, anche se in numero statisticamente molto inferiore,  la medesima sorte potrebbe capitare anche pianeti rocciosi in zona. Considerando almeno un pianeta per stella, si verificherebbe un tale evento ogni 105 anni. Un evento di questo tipo potrebbe essere successo circa 300 anni fa, quando l'emissione X di Sagittarius A* crebbe di un milione di volte rispetto alla media, emettendo energia dell'ordine dei 1039 - 41 erg/s .
Ma come possiamo affermarlo visto che i radiotelescopi X sarebbero stati inventati due secoli e mezzo dopo? A questo proposito è stato condotto un lavoro eccezionale : l'eco di luce X di quell'evento si riflette nelle nubi di gas e polveri presenti nelle vicinanze del buco nero permettendo di datare l'evento, la durata del flare e la sua luminosità.


Fonti:
http://www.media.inaf.it/2012/02/09/e-per-pasto-asteroidi-e-pianeti/
http://lanl.arxiv.org/abs/1110.6872