29.11.16

UNA SUPER-TERRA VICINA TUTTA DA STUDIARE

C'è un pianeta extrasolare molto promettente, scoperto nel gennaio 2015, che in questi giorni sta facendo parlare di sè: si tratta di K2-3d. 
Dietro questa fredda catalogazione si nasconde infatti uno dei pianeti più promettenti per la ricerca di acqua liquida e di vita fuori dal sistema solare. 
Di recente un team internazionale di astronomi ha analizzato i dati relativi al pianeta raccolti da Kepler, Spitzer e dall'Osservatorio Astrofisico di Okayama (Giappone). Così facendo sono riusciti a calcolare con maggiore precisione il periodo orbitale del pianeta permettendo una migliore predizione dei nuovi transiti.
Conoscere le effemeridi di un pianeta extrasolare di tale importanza permette di poter pianificare con accuratezza quando condurre proficuamente nuove osservazioni. Alla luce dei nuovi studi infatti gli astronomi saranno in grado di stabilire con precisione quando il pianeta transiterà di fronte al disco della sua stella, permettendoci di raccogliere preziosissime informazioni.
K2-3d, distante circa 137 anni luce da noi in direzione della costellazione del Leone, è un pianeta roccioso con un raggio pari a 1,5 volte quello della Terra ed un anno che dura appena 45 giorni. La breve durata del suo anno lo colloca su un'orbita molto vicina alla sua stella (0,2 UA) e quindi potremmo pensare che questo sia un mondo rovente ed inondato dalla luce del suo astro. Ma il suo è un sole grande la metà del nostro e dalla temperatura sensibilmente minore e quindi la sua vicinanza è un fattore tanto positivo da includerlo nella fascia abitabile del sistema.
A stuzzicare l'appetito degli astronomi si aggiunge la temperatura sul pianeta che, secondo le stime, sarebbe simile a quella terrestre. La sua temperatura si aggirerebbe attorno ai 280K, ovvero circa 7°C.
Tra la trentina di pianeti potenzialmente abitabili scoperti da Kepler, K2-3d è il più vicino e quindi più facilmente studiabile e monitorabile attraverso osservazioni future.
Accennavamo al risultato più importante appena ottenuto: la stima più precisa del periodo orbitale.
Il piccolissimo eclisse procurato dal transito del pianeta sul suo sole ha generato un calo di luminosità della stella pari a 0.7 millesimi di magnitudine, ovvero poco al di sotto della sensibilità dello strumento rilevatore (1.2, 0.9 e 1.2 millesimi di magnitudine nelle bande g,r e z), ma è stato possibile notarlo comunque grazie all'incrocio di dati raccolti in precedenti osservazioni da parte di Kepler e rafforzando l'indagine con una nuova tecnica che combina in contemporanea osservazioni multibanda. 
La nuova tecnica, messa in atto dallo strumento MuSCAT (Multi-color Simultaneous Camera for studying Atmospheres of Transiting exoplanets) montato sul telescopio da 188 cm di Okayama, permette l'analisi del pianeta attraverso molteplici e specifiche bande. Così facendo il livello di accuratezza raggiungibile è sensibilmente maggiore.
Nel frattempo la combinazione dei nuovi e vecchi dati ha permesso di conoscere il periodo orbitale con una precisione 30 volte superiore, ovvero con un errore di appena 18 secondi! Il "nuovo" anno dura 44.55612 ± 0.00021 giorni.

Tutto questo in attesa della nuova ed imminente generazione di telescopi che sarà in grado di studiare in dettaglio l'atmosfera di K2-3d  alla ricerca di molecole prodotte dall'attività biologica.


26.10.16

TRE DISCHI PROTOPLANETARI PER DUE STELLE


Abbiamo capito da tempo ormai che il sistema solare non è che una delle possibili configurazioni possibili per un sistema planetario. Anzi, per quanto ne sappiamo, ad oggi un sistema organizzato come il nostro rappresenta una rarità.
Nel corso degli ultimi anni, su questo blog, ne abbiamo lette tante di novità incredibili. Ma quella che state per leggere merita di essere annoverata tra le più complicate ed inaspettate. 
Meno di un milione di anni fa, a 400 anni luce dalla Terra, un disco di gas e polveri perturbato si stava preparando a generare una coppia di stelle che oggi conosciamo come IRS 43.
Fin qui nulla di particolare: i sistemi stellari binari sono estremamente comuni nella galassia e si pensa che addirittura siano in netta maggioranza rispetto alle stelle "solitarie".
La cosa strabiliante ed incredibile è che queste giovani stelle di 100-200 mila anni ospitano tre dischi di gas e polveri! Ognuna delle due stelle possiede un proprio disco protoplanetario delle dimensioni del nostro sistema solare ed in più c'è un terzo disco più ampio che le abbraccia entrambe. 

Come se non bastasse tutti e tre i dischi sono disallineati tra loro, facendo ipotizzare un'origine turbolenta dell'intero sistema.
L'incredibile scoperta è stata possibile grazie ad ALMA (Atacama Large Millimeter Array), che ha potuto ottenere immagini chiare dei dischi. Attualmente la tecnologia disponibile non ci permette di distinguere pianeti in formazione all'interno di questi dischi ma la giovane età delle stelle indica che si è attualmente negli stadi iniziali di formazione di un sistema planetario in ognuno dei tre dischi.


ALMA riesce ad ottenere le immagini perchè osserva la radiazione infrarossa e microonde emessa dalle molecole dei gas che compongo i dischi, eccitate dal calore delle stelle. 

L'incoerenza nella rotazione e nell'inclinazione dei dischi è stata scoperta osservando l'entità dello spostamento verso il blu (avvicinamento) o verso il rosso (allontanamento) della luce emessa dai dischi.

Per studiare la fisica che si nasconde dietro questo inedito sistema complesso, il team di astronomi autore della scoperta chiederà più tempo osservativo ad ALMA e creerà simulazioni al computer.

Nel frattempo possiamo solo immaginare quale spettacolo grandioso ci sia nel cielo di quei futuri pianeti. Se tutto andrà bene, quelle due stelle saranno i soli di ben 3 sistemi planetari....in un unico sistema!

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12.10.16

PROXIMA CENTAURI B. FASE 2: COMINCIA LA CARATTERIZZAZIONE.


Ricorderete molto bene la storica notizia della scoperta del pianeta extrasolare più vicino a noi: Proxima Centauri b, orbitante attorno alla stella più vicina in assoluto al Sole, ovvero Proxima Centauri. Con ogni probabilità, in un futuro forse non così remoto come potremmo pensare, si tratterà del primo mondo visitato dall'uomo (da una sonda o di persona) appartenente ad una stella diversa dal Sole.
Dopo anni ed anni di tentativi e falsi positivi la scoperta è arrivata, ma ora comincia un lavoro ancora più lungo e complicato: lo studio della struttura e della composizione del pianeta. In altre parole, la sua caratterizzazione.



I primi a cimentarsi in questa nuova fase sono stati gli astronomi francesi del CNRS e quelli statunitensi della Cornell University. I loro studi, in assenza di alcune importanti informazioni, sono basati su congetture il più possibile verosimili  organizzate in modelli che permettono il calcolo del raggio planetario e della posizione dei differenti strati di materia al suo interno.
Oltre alla conoscenza della composizione globale e della massa, il team ha assunto che il pianeta sia denso, solido e possegga acqua. Alcuni dati ignoti sono stati derivati dal sistema solare. 
Quindi il modello studiato si riconduce a quello utilizzato per lo studio di pianeti solidi senza atmosfere massive.
Tale modello ha attribuito al pianeta un raggio compreso tra 0,94 e 1,40 raggi terrestri. Il valore minimo coincide con un pianeta di 1.10 masse terrestri in cui il 65% della massa è concentrata nel nucleo, come Mercurio. Il valore massimo invece si basa su un pianeta di 1,46 masse terrestri in cui il 50% della massa è acqua. Quest'ultimo valore farebbe ipotizzare la presenza di un unico oceano d'acqua globale, rendendo Proxima b un vero e proprio pianeta oceano.

La realtà però è ancora avara di risposte sul pianeta: non conoscendo con certezza la massa, la presenza o meno di un'atmosfera e la sua struttura, risulta impossibile stimarne la densità media e quindi comprenderne la reale struttura interna. Dati fondamentali per caratterizzare un mondo, anche se questo si trova all'interno della zona abitabile del suo sistema.
I suddetti modelli si basano su evidenze statistiche che si stanno affinando in questi anni grazie al numero enorme di pianeti extrasolari scoperti, ma che non danno risposte certe: possono aiutare a restringere le probabilità indicando una direzione preferenziale.

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